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Alluvione 2013: testi rievocano dramma

Alluvione 2013: testi rievocano dramma

Lacrime e rabbia in tribunale a Tempio per processo a sindaci

TEMPIO PAUSANIA, 18 marzo 2016, 21:03

Redazione ANSA

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Alluvione 18 novembre 2013 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Alluvione 18 novembre 2013 - RIPRODUZIONE RISERVATA
Alluvione 18 novembre 2013 - RIPRODUZIONE RISERVATA

(ANSA) - TEMPIO PAUSANIA, 18 MAR -"Ho visto morire mio figlio e mio nipote a venti metri da me". Con le lacrime agli occhi Paolo Mazzoccu, 67 anni, padre di Francesco, e nonno di Enrico, di appena 4 anni, ha ricostruito in tribunale a Tempio Pausania gli ultimi istanti di vita dei suoi cari, morti annegati, abbracciati l'uno all'altro, nella tragica alluvione del 18 novembre 2013: 13 morti solo in Gallura, 19 in tutta la Sardegna.

Per quei fatti sono sotto processo i sindaci di Olbia e Arzachena, Gianni Giovannelli e Alberto Ragnedda, tre funzionari comunali, Antonello Zanda, Gabriella Palermo e Giuseppe Budroni, e un funzionario provinciale, Federico Ceruti Ferrarese. Tutti sono accusati a vario titolo di omicidio colposo, disastro ambientale e mancata attivazione delle procedure d'allarme.

Il racconto di Mazzoccu - dopo di lui ha parlato anche la moglie e la madre delle due vittime - ha riaperto le ferite di un dolore troppo grande, fatto di angoscia, impotenza e disperazione. A nulla è valsa la lotta contro il tempo per raggiungere la sua famiglia, in difficoltà a pochi metri da casa: la donna al telefono con il marito, la corsa disperata per attraversare la città di Olbia, già precipitata nel caos. Fino a quando il telefono di Francesco ha smesso di squillare. Per sempre.

Una trentina le persone ascoltate oggi in aula come persone informate dei fatti. Drammatica anche la ricostruzione di Pietro Mariano, che ha raccontato, accompagnandosi con una gestualità agghiacciante, di come ha assistito impotente all'ultima ondata di piena che travolse i corpi di padre e figlio, trascinandoli nel fiume di acqua e fango. Testimonianze ma anche polemiche. Le figlie di Anna Ragnedda, l'anziana costretta a letto, morta annegata nella sua casa di via Lazio, hanno sottolineato come la madre avesse chiesto aiuto ma nessuno andò a soccorrerla.

Un dato comune a tutti i racconti: nessuno ha detto di aver ricevuto chiare informazioni sulle procedure di auto protezione da seguire in caso di alluvione. Un punto, questo, sul quale il procuratore Domenico Fiordalisi, interrogando i testi, ha centrato la sua attenzione per dare consistenza all'impianto accusatorio. Un particolare su cui si sono concentrate anche le parti civili. "Le testimonianze odierne - ha chiarito l'avvocato Giampaolo Murrighile, che rappresenta i parenti di Patrizia Corona e della figlia Morgana di 3 anni - mettono in evidenza come i protocolli e le procedure adottate per l'alluvione del 2015, siano totalmente mancate nell'alluvione del 2013". Il processo è stato aggiornato all'11 aprile prossimo.

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