Un reliquiario in
argento, posato su due volumi. Gli stessi che hanno
caratterizzato la vita del giudice Rosario Livatino: il Vangelo
e il codice penale. All'interno, contornata da rami di palma
simboli del martirio, una camicia a quadri consumata dalle
macchie di sangue. Perché è la stessa che il giudice, proclamato
beato da Papa Francesco tre anni fa, indossava quando la mafia
lo ha assassinato nel 1990 ad Agrigento. Il reliquiario si trova
a Canosa di Puglia, nel nord Barese, paese che segna l'ultima
tappa del pellegrinaggio pugliese voluto per far conoscere la
figura del giudice.
"Livatino anche per la sua riservatezza è meno conosciuto a
livello mediatico rispetto ad altri giudici", spiega il custode
della reliquia, don Gero Manganello poco dopo il suo arrivo
nella parrocchia di Gesù liberatore dove resterà fino a domani.
"Il messaggio del giudice è quello di poter vivere in maniera
diversa le nostre terre. La terra di Puglia - aggiunge don Gero
- non è diversa da quella di Sicilia: sono terre tanto belle
quanto martoriate dalla mentalità mafiosa. Per cui il messaggio
da portare a tutti è che è possibile vivere in maniera diversa
nelle nostre terre, ed è possibile cancellare la mentalità
mafiosa e vivere veramente in maniera fraterna".
"Mi aspetto una presa di coscienza forte dalla gente perché
avere qui, nella nostra parrocchia la reliquia di un testimone
così forte di vita e del Vangelo, ci interroga sulla legalità e
sulla fede", conclude don Michele Pace, parroco della chiesa che
ospita la reliquia.
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