"L'attività di impresa nel settore
dell'acciaio è fortemente influenzata dal protrarsi della crisi
economico-finanziaria internazionale, che ha prodotto un
progressivo deterioramento del mercato di riferimento in Europa
dopo un ciclo espansivo pluriennale collocabile negli anni
2003-2008". E' quanto scrive l'Ilva in amministrazione
straordinaria nel documento consegnato ai sindacati con il quale
si annuncia la necessità di ricorrere alla cassa integrazione
straordinaria per 4.984 dipendenti dello stabilimento di Taranto
e 80 di Marghera (Venezia).
"Tale congiuntura sfavorevole - aggiunge l'azienda - ha
coinvolto l'intero ciclo produttivo dello stabilimento ionico
interessando dapprima il settore e i laminati piani nelle varie
linee di prodotto formato e, successivamente, il settore dei
tubi e lamiere ad oggi risulta interessato da fermate totali o
cicli ridotti di lavorazione". Ma a questa condizione generale
del mercato, a partire dal 2012, "si è associata - spiega l'Ilva
- una complessa vicenda amministrativa, legislativa e
giudiziaria che ha interessato l'unità produttiva di Taranto".
In tale contesto, "l'Ilva - è detto nel documento - ha avviato
il piano di adeguamento alle prescrizioni Aia che ha comportato
la progressiva 'fermata' o la riduzione degli impianti che
insistono sull'area a caldo".
L'azienda quindi evidenzia "che il progressivo attestarsi di
produzione e commercializzazione su volumi insufficienti a
garantire l'equilibrio e la sostenibilità finanziaria degli
oneri derivanti dalla gestione d'impresa, comprendenti gli
ingenti costi di adeguamento alle prescrizioni Aia, ha
progressivamente aggravato la situazione di illiquidità, che ha
determinato l'inevitabilità della richiesta di accesso alla
procedura di amministrazione delle grandi imprese in crisi, cui
l'impresa risulta oggi assoggettata".
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