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CRV - A Venezia, conferenza di Luigi Giorgio Berbenni su "Ortler 1915-1918: guerra tra gentiluomini"

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CRV - A Venezia, conferenza di Luigi Giorgio Berbenni su "Ortler 1915-1918: guerra tra gentiluomini"

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Responsabilità editoriale di CONSIGLIO REGIONALE VENETO

Oggi, nella sede del Consiglio regionale Veneto

05 novembre 2019, 15:45

CONSIGLIO REGIONALE VENETO

PressRelease - Responsabilità editoriale di CONSIGLIO REGIONALE VENETO

Cultura - A Venezia, nella sede del Consiglio regionale, la conferenza di Luigi Giorgio Berbenni "Ortler 1915-1918: guerra tra gentiluomini"


 

 

 

 


(Arv) Venezia 5 nov. 2019 -     Si è svolta questa mattina a Venezia, presso palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto, la conferenza “Ortler 1915-1918: guerra tra gentiluomini” tenuta da Luigi Giorgio Berbenni, nato a Bormio, nella Valtellina, laureato a Venezia presso la facoltà di lettere e filosofia di Ca’ Foscari, esperto degli eventi legati alla Prima guerra mondiale, in particolare quelli osservati dal punto di vista austriaco. L’Ortles-Ortler rappresenta uno degli ambiti territoriali nel quale fu combattuta la cosiddetta Guerra Bianca (in lingua tedesca Gebrigskrieg, la guerra di montagna, che si svolse lungo la parte del fronte italo-austriaco individuabile tra le Dolomiti e il passo dello Stelvio, al confine con la Lombardia), contraddistinta da operazioni militari e da fatti bellici caratterizzati da eccezionali difficoltà logistiche e da particolari condizioni climatiche, un fronte lungo circa 400 chilometri posto ad un’altezza media di 2.000 metri, il cui culmine è rappresentato proprio dai 3.905 metri raggiunti dalla cima dell’Ortles-Ortler, ove la parte maggiore delle vittime fu causata dalla forza degli elementi naturali e dalla malattie, e non tanto dai combattimenti. Nel corso del convegno sono stati ricordati, in particolare, gli eventi bellici e le esperienze umane del tenente Franz Joseph Haller, medico da borghese, ma in tempo di guerra comandante della postazione di artiglieria (quattro cannoni dell’esercito imperial-regio) più elevata tra tutti i fronti della Grande Guerra, quello dell’Ortles-Ortler, posizionata lungo la linea di guerra italo-austriaca a oltre 3.900 metri sopra il livello del mare, la cima più alta del Trentino Alto Adige ed appartenente al gruppo Ortles-Cevedale delle Alpi Retiche meridionali. Nel corso della conferenza sono state presentate anche un centinaio di fotografie tratte dall’archivio personale del comandante Haller, la cui testimonianza fu raccolta dallo stesso Berbenni nel corso del suo lavoro di ricerca e di reperimento del materiale.

“Ringrazio l’autore dello studio illustrato quest’oggi - ha affermato nel corso della presentazione del lavoro il Presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti - perché dimostra la continuità dell’impegno profuso dal Consiglio regionale nel ricordo della Grande Guerra. Il settore dell’Ortles-Cevedale non è un luogo della retorica, né della curiosità nozionistica; è il luogo piuttosto della riflessione, del ricordo necessario per impedire che l’oblio cancelli l’orrore della guerra e con esso farci dimenticare che la Pace è una conquista quotidiana, una conquista che si può facilmente perdere. Nel suo film “Torneranno i Prati” dedicato alla Prima Guerra Mondiale il grande regista Ermanno Olmi fa dire a un soldato: “di quel che c'è stato qui non si vedrà più niente, e quello che abbiamo patito non sembrerà più vero”. Bisogna impedire che ciò accada. Lo dobbiamo innanzitutto verso coloro che da quella guerra ebbero a soffrire, lo dobbiamo alla generazioni future affinché capiscano che tutto è perduto con la guerra. Lo studio di Berbenni ci aiuta in questa ricostruzione della memoria in un settore dove si combatté la battaglia più alta di tutti i fronti della guerra mondiale, quella di Punta San Matteo, quota 3678, tra la fine di agosto e gli inizi di settembre del 1918. Qui il cannone più alto, sulla cima dell'Ortles, piazzato dagli austriaci a 3905 metri, cinquecento in più del cugino italiano della Lobbia Alta in Adamello. Possiamo solo immaginare le immense difficoltà del sopravvivere a queste quote, con l’incubo e l’incognita delle valanghe e dell’essere colpiti da malattie polmonari difficilmente guaribili. “Odio la guerra, ma amo coloro che l’hanno fatta” scrisse Francis Scott Fizgerald in “Tenera è la Notte”. Onorare chi ha sofferto fino al sacrificio estremo è un dovere, ma è un nostro dovere anche affermare l’importanza e la necessità della Pace e la Pace si difende anche attraverso la conoscenza e lo studio”.

“Nei giorni in cui si festeggia il 4 novembre, e quindi la giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate - ha dichiarato il Consigliere regionale Francesco Calzavara, che ha promosso l’evento - credo sia giusto che il Consiglio regionale continui a ricordare, anche oltre le celebrazioni legate al centenario, la Grande Guerra. Oggi in particolare abbiamo rivissuto pagine di storia legate a quella che è passata alla memoria come una guerra tra gentiluomini, ma abbiamo ricordato anche i sacrifici dei soldati che purtroppo persero la vita nel corso di questi eventi. Penso sia il modo giusto per ricordare le vittime e chi in quel momento le ha testimoniate con una serie di immagini veramente emozionanti”.

Numerosi gli episodi bellici e di ‘guerra tra gentiluomini’ rammentati dal Berbenni. “Nel corso della guerra, in questo particolare settore del fronte, i soldati dei due eserciti rispettarono, pur rimanendo nell'ambito delle consegne ricevute, una sorta di codice d’onore. Ricordo il caso dell’albergo di Trafoi, ove erano acquartierati gli artiglieri austriaci. L’albergo fu danneggiato due volte a causa dei problemi che interessavano la canna fumaria dell’edificio; in particolare, nel corso del secondo incendio, gli austriaci accorsero in massa per domare le fiamme in zona scoperta ed esposta al tiro delle artiglierie italiane; il fuoco, infine, distrusse completamente l’edificio ma i cannoni italiani tuttavia non esplosero comunque un colpo. Oppure il caso delle due guide alpine, la prima, valtellinese, che nel corso dei primi giorni di guerra incontrò sul ghiacciaio il collega austriaco e suo carissimo amico, nonché compagno di caccia, con il quale strinse un accordo per evitare inutili spargimenti di sangue, e a questo scopo avrebbero issato e roteato il proprio tipico copricapo per il reciproco riconoscimento. Il territorio peraltro non avrebbe comunque consentito manovre in grande stile e scontri di grande portata: in questo luogo operavano truppe di grande specializzazione con gruppi formati da alcune decine di uomini”.

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