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CRV - "Il dilemma di Antigone: lo Stato è padrone o servo del mondo?"

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CRV - "Il dilemma di Antigone: lo Stato è padrone o servo del mondo?"

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Responsabilità editoriale di CONSIGLIO REGIONALE VENETO

Convegno ospitato a palazzo Ferro Fini

28 giugno 2017, 16:56

CONSIGLIO REGIONALE VENETO

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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PressRelease - Responsabilità editoriale di CONSIGLIO REGIONALE VENETO

(Arv) Venezia 28 giu. 2017 - Palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto, ha ospitato oggi il convegno ‘Il dilemma di Antigone: lo Stato è padrone o servo del mondo?’, incentrato sull’attualità della tragedia di Sofocle, che vede in alcuni casi la contrapposizione tra diritto positivo (scritto) e diritto naturale (inscritto nella coscienza personale). Antigone decide di accettare la morte pur di rispettare il diritto naturale, seppellendo il fratello Polinice e contravvenendo così a quanto decretato dal tiranno Creonte, che invece voleva, nel rispetto della legge scritta, punire chi aveva tradito la patria. Anche oggi, la tragedia greca si ripropone in tutta la sua drammaticità quando avvertiamo come ingiusto il diritto positivo, ovvero inconciliabile con i nostri principi morali: dobbiamo sempre obbedire alla legge, oppure c’è un limite? Lo Stato è padrone o servo della Legge, può imporre qualsiasi norma al cittadino o deve rispettare dei limiti nella produzione del diritto? Vale di più il diritto individuale dei cittadini o il potere legislativo dello Stato? A tutte queste domande, si è cercato di fornire delle risposte durante l’odierno incontro seminariale, che ha visto qualificati interventi di esperti e professionisti del Diritto. Il convegno è stato introdotto e moderato dal consigliere regionale Antonio Guadagnini (Siamo Veneto) che si chiede “quale sia il limite che uno Stato deve porsi nell’imporre il proprio volere ai cittadini. Ovvero, se siano più importanti i diritti individuali o quelli collettivi. La risposta è incerta e dibattuta da secoli da parte di correnti di pensiero opposte. Se si pensa che lo Stato sia il soggetto che rappresenta la collettività, allora esso può imporre ai propri cittadini qualsiasi norma, in nome dell’interesse superiore a tutelare il bene collettivo (in questo caso avrebbe ragione Creonte); se invece si sposa la teoria liberale, allora lo Stato è solo uno strumento in mano ai cittadini, la cui volontà prevale sempre (allora avrebbe ragione Antigone”. “Riportando il dibattito all’attualità – conclude Guadagnini – il principio di autodeterminazione della comunità veneta dovrebbe essere rispettato, non ostacolato bensì garantito da una costituzione veramente liberale”. Il dott. Carlo Nordio (già Procuratore della Repubblica di Venezia) afferma come “se in passato il diritto è sempre stato di origine divina, la cultura greca, tramite i sofisti, ha sposato la teoria secondo cui le leggi promanano dall’uomo e quindi non esiste un diritto oggettivo, giusto a prescindere, ma un diritto soggettivo, che può essere giusto o ingiusto. Da qui, nasce la contrapposizione tra le leggi scritte e quelle non scritte, scolpite nel cuore degli uomini, che talvolta confliggono con il diritto positivo. Come in Antigone, in alcuni casi, rispetto della legalità e coerenza con i dettami della propria coscienza possono entrare in contrasto tra loro, come avvenne con l’emanazione delle leggi razziali durante il Nazifascismo. E’ quindi consequenziale domandarci quale limite abbia lo Stato nell’incidere sulle leggi naturali del cittadino con le proprie norme codificate. A volte, infatti, ci sono leggi che confliggono con il buon senso e la coscienza del cittadino, il quale può quindi legittimamente domandarsi se applicare o meno quella determinata prescrizione normativa che ritiene ingiusta, al contrario del Magistrato che deve applicare il diritto a prescindere”.

Il Prof. Avv. Mario Bertolissi, dell’Università degli Studi di Padova, spiega “come la contrapposizione tra diritto positivo e diritto naturale abbia una soluzione relativistica e non assoluta, in quanto dipende dalla posizione di chi è chiamato a indagare nel merito del problema: coloro che detengono il potere, opteranno per la prevalenza del diritto positivo, consentendo allo Stato di imporre sempre e comunque le proprie normative; chi, al contrario, occupa una posizione subalterna, darà maggiore forza al diritto naturale del singolo individuo. Ad ogni modo, ritengo che la nostra Costituzione affermi il primato della persona sullo Stato, ovvero consenta, addirittura imponga, il diritto all’autodeterminazione. Tuttavia, questo principio di autodeterminarsi di un popolo va difeso ed esercitato con senso di responsabilità, ma nell’attuale società manca uno scatto di virilità in tal senso. E’ infatti opportuno trovare il giusto equilibrio tra autorità e libertà, in quanto l’autodeterminazione comporta un’assunzione di responsabilità, propria di cittadini di ‘serie A’. Oggi, la corruzione e lo scarso senso di legalità dimostrano invece come il cittadino non abbia esercitato bene i propri diritti liberali sanciti dalla Costituzione, perdendo una importante opportunità e pagandola caro in termini di degrado civile e morale, con la crisi economica e i problemi occupazionali che affliggono l’attuale società”. Il Prof. Avv. Andrea Giovanardi, dell’Università degli Studi di Trento, afferma che “l’essenza della tragedia di Antigone sta nel confronto acritico, ovvero nella mancanza di dialogo, tra due soggetti, appunto Antigone e Creonte, che avevano entrambi ragione, pur basandosi l’una sul diritto naturale/individuale e l’altro sul diritto scritto. Oggi, il sistema legislativo, in particolare il diritto tributario, è in crisi, afflitto da una eccessiva proliferazione di norme che lo rendono di fatto ingovernabile e lo allontanano dal cittadino, mettendone addirittura in pericolo la libertà. E’ infatti in atto il rovesciamento di quanto teorizzato nell’Antigone (che presuppone la prevalenza del diritto naturale) dato che lo Stato è padrone, non servo, del ‘nomos’ (come era nell’antica ‘polis’ greca), dato che può contare sui principi che, invece di essere a favore della libertà dei singoli, sono a favore dello Stato stesso. Tuttavia, lo Stato è anche un padrone debole, in quanto oggi il cittadino può liberamente decidere di emigrare quando non ripone più la fiducia nel proprio ordinamento, obbligando così lo Stato a mitigare le proprie posizioni totalitarie. La salvezza per il cittadino, quindi, risiede nella pluralità degli ordinamenti, nella concorrenza tra Stati, ovvero in una forma di mercato competitiva in cui ricercare la tutela delle libertà individuali, compreso il principio di autodeterminazione”. L’Avv. Andrea Favaro (Facoltà di Diritto Canonico ‘San Pio X’ di Venezia) osserva come “il contenuto minimo dell’autodeterminazione risiede nella libertà di ciascuno di scegliere l’ordinamento in cui vivere. Una società veramente liberale accetta che una determinata comunità sia associata a normative che riconoscano agli individui la libertà di associarsi e di dissociarsi. Bisogna ritornare ai principi dell’Antigone e riaffermare il diritto di essere persone libere in una comunità ugualmente libera. Di conseguenza, non possono essere definite per sempre determinate sovranità/statualità”. Il Prof. Daniele Velo Dalbrenta, dell’Università degli Studi di Verona, illustra “come nella sua ‘Formula’, il giuspositivista Radbruch nel 1946 abbia cercato la soluzione al problema del rapporto tra diritto e morale, arrivando alla conclusione che il diritto scritto, in quanto garantisce la certezza della norma, non possa essere mai contraddetto dal diritto naturale, almeno fino a quando non raggiunga il limite dell’intollerabilmente ingiusto, ovvero quando neghi il principio di uguaglianza che, essendo il cardine stesso del diritto, porterebbe alla negazione proprio del diritto”.

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