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“La conversione del buono”, una storia avvincente di trasformazione personale e riscatto

PressRelease

“La conversione del buono”, una storia avvincente di trasformazione personale e riscatto

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Responsabilità editoriale di NEW LIFE BOOK

Il romanzo d’esordio di Luigi Aremani racconta il viaggio emotivo di un giovane adulto alla ricerca del proprio senso di giustizia e del significato della sua vita

29 marzo 2024, 16:30

NEW LIFE BOOK

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Una vita come tante, un giovane adulto che muove i primi passi nel mondo del lavoro, una quotidianità monotona, priva di stimoli, sempre uguale a sé stessa. Sono in tanti a potersi riconoscere in una simile routine, in quell’immobilità che porta con sé la frustrazione di non sentirsi padroni della propria vita, incapaci di cambiare le cose. Il protagonista del romanzo d’esordio di Luigi Aremani, un personaggio senza nome, ma che per questo potrebbe acquisire le sembianze di ciascuno di noi, vive una vita incastrata in questo limbo perpetuo, tra la consapevolezza di aver percorso delle strade e preso delle decisioni che hanno soddisfatto le aspettative di chiunque, tranne che le sue. È una storia di cambiamenti radicali e scelte sbagliate, di acri risentimenti e di prese di consapevolezza in grado di cambiare il corso degli eventi. Un romanzo che colpisce allo stomaco con forza e che svela senza ipocrisie le contraddizioni del mondo in cui viviamo. 
“La conversione del buono” di Luigi Aremani, pubblicato per il Gruppo Albatros il Filo, propone già dal titolo una contraddizione in termini. Se infatti la conversione suggerisce un cambiamento, una rinascita interiore positiva e redentrice, che sia il buono a convertirsi ci lascia spiazzati e pieni di domande. Il cosiddetto “buono”, infatti, è inteso dall’autore come un soggetto bloccato in una condizione di inazione, di stagnazione, intrappolato dalle proprie circostanze. Tra le pagine avverrà un cambio di prospettiva, una presa di coscienza che lo porterà ad agire e a cercare nuove soluzioni per superare i propri limiti, realizzando il proprio potenziale. 
“In realtà sono sempre stato un tipo responsabile, ho sempre perseguito i miei obiettivi al meglio che potevo; anzi forse a volte ho preso le cose fin troppo sul serio, dimenticandomi del sano svago, che spesso mi avrebbe fatto bene”. Con queste parole il protagonista si presenta, raccontando il suo dilemma esistenziale, lo stesso che accomuna tanti giovani adulti a cavallo dei trent’anni, figli di una generazione di mezzo, mai compresa fino in fondo. Le parole del protagonista risuonano con un’urgenza e una sincerità che colpiscono nel segno, delineando un quadro di insicurezze, delusioni e ansie che appartengono alla generazione narrata dall’autore. Il senso di responsabilità e l’impegno nel perseguire gli obiettivi sono contrapposti alla costante lotta contro il fallimento e alla mancanza di gratificazioni esterne. Ne emerge una profonda complessità emotiva: da un lato c’è la consapevolezza del proprio impegno, della dedizione al lavoro e agli obiettivi personali, dall’altro emergono la fragilità interiore e le difficoltà nel gestire le delusioni, in un continuo disequilibrio tra le aspettative e la realtà. 
Non è soltanto il lavoro il fulcro delle frustrazioni dell’uomo: oltre a una vita sociale scarna, mai coltivata fino in fondo, ha anche una situazione familiare complicata, priva di qualsiasi slancio affettivo. Il rapporto più complicato è quello con la sorella, disabile e costretta su una sedia a rotelle. Lui l’ha sempre vista come una rivale, una persona con cui contendersi le attenzioni della sua famiglia, a causa della quale è sempre rimasto in ombra, relegato in secondo piano.
La vita del protagonista cambia in una notte di pioggia, mentre è perso nei pensieri alla guida della sua auto. I lampioni spenti, la fretta di tornare a casa, le pozzanghere insidiose, poi un tonfo sordo, del quale non riconosce l’origine. Una volta sceso dall’auto il verdetto è chiaro, ma la strada è deserta, nessuno ha visto niente e gli si propone una scelta che potrà cambiare per sempre il suo futuro. Questo avvenimento dà il via a una lunga serie di cambiamenti che avverranno nella vita del protagonista, ma che al tempo stesso sollevano questioni etiche e morali profonde, che mettono in discussione i concetti stessi di bene e male. Trovandosi ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni, forse per la prima volta il protagonista deve decidere da solo quale strada intraprendere. 
Dopo la sua scelta, niente sarà più come prima. È potente l’immagine in cui l’uomo riemerge dal bosco, quasi tornasse in superficie dopo essere stato inghiottito dalle viscere della terra, come dopo aver superato un rito iniziatico. Il suo stato d’animo è diverso da quello che avrebbe immaginato, ma da quel momento in poi la sua percezione della realtà cambia drasticamente. È come se si fosse risvegliato da un torpore, dal letargo in cui era precipitato per troppo tempo. Le persone che lo circondano acquisiscono una nuova forma, tornano tridimensionali e quasi “reali”, o almeno adesso è in grado di vederle da un altro punto di vista. È proprio con la sorella che inizia la sua trasformazione: nella capacità di riconoscere per la prima volta la sofferenza e la forza che risiedono nella sua condizione. 
L’evento traumatico vissuto dal protagonista acquisisce un ruolo che potremmo definire catartico. In un passaggio particolarmente significativo del libro, Aremani lo descrive con queste parole: “Mi ero reso conto di essere sopravvissuto fino a quel momento, senza mai ascoltarmi, con la paura di perdere o addirittura la paura di vincere, rinunciare ancor prima di provarci, non credere in me stesso. Quella ragazza mi aveva liberato, liberato dalle catene che mi erano state imposte e liberato dall’inedia; le ero grato, ero grato a quell’incidente e mi rammaricavo che avessi imparato la lezione a spese di una vita umana, per quanto insignificante potesse essere.” A cambiare, infatti, saranno anche il rapporto con il lavoro, con gli amici e i conoscenti, con l’approccio alla vita stessa. 
La prosa di Aremani è coinvolgente e di forte impatto: si distingue per la profondità psicologica della sua riflessione, per la ricchezza delle descrizioni e la capacità di immergere il lettore nelle complesse emozioni del protagonista. Esplora le sfumature della mente con grande sensibilità, analizzando le complesse dinamiche che guidano le scelte del protagonista, conferendo al romanzo un’atmosfera densa, capace di catturare l’attenzione sin dalle prime pagine. Tutto si traduce in una narrazione ricca di tensione e suspense, in cui il lettore è costantemente coinvolto nell’evoluzione del personaggio principale, in un riuscito esercizio di mimesi. 
La conclusione del romanzo segna un ulteriore punto di svolta: già il titolo, “il mio rinnovato senso di giustizia”, evidenzia quanto significativo sia stato il cambiamento del protagonista, ormai pronto a tutto pur di non farsi schiacciare e di proteggere le persone che ama. Dopo essere stato messo di fronte a numerose sfide e aver affrontato le proprie paure e debolezze, arriva a una profonda consapevolezza di sé e dei suoi valori, i quali non sempre sono in linea con la morale. L’uomo non è più disposto a essere un semplice spettatore passivo della propria esistenza, ma decide di assumere un ruolo attivo nel perseguire ciò che ritiene giusto: è in questa consapevolezza che si configura il suo nuovo senso di giustizia, finendo quasi per incarnare il ruolo del vendicatore in incognito, un eroe moderno che agisce nell’ombra per difendere i deboli e punire i colpevoli. 
“La conversione del buono” di Luigi Aremani è un romanzo profondo e toccante che ci offre uno spaccato sulla crisi del nostro tempo. La narrazione ci accompagna in un viaggio emotivo e psicologico che esplora le complesse dinamiche della nostra mente tra desideri, responsabilità e aspettative, spingendoci a considerare davvero quanto le nostre scelte siano importanti e possano cambiarci la vita. 

 

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