(di Irene Famà) Quella con il peso
per Lorenzo, 20 anni, era diventata una guerra. Una lotta con sé
stesso, con l'immagine di sé, con i suoi pensieri, i suoi sogni
e le sue paure. Con un "male" nascosto, che lo ha tormentato per
oltre sei anni sino a portarlo, lo scorso 3 febbraio, alla morte
per anoressia. I suoi genitori ora raccontano la storia per
"scuotere la coscienza delle istituzioni. Ci sono altre famiglie
che stanno vivendo il nostro calvario e che si sentono sole in
questa battaglia - dicono - E' inaccettabile che in un paese
come l'Italia non ci siano strutture pubbliche in grado di
accogliere e curare ragazzi come nostro figlio".
Loro, i genitori di Lorenzo Seminatore, le hanno provate
tutte per guarirlo, tra speranza e dolore: psicologi, ricoveri
in ospedale, periodi passati in comunità. "Dopo un periodo in un
centro della Val D'Aosta, sembrava rinato. - raccontano -
Eppure, dopo poche settimane, è ricaduto nel baratro. Una storia
che si è ripetuta diverse volte. Negli ospedali - spiegano la
mamma Francesca e il papà Fabio - si limitano a parcheggiarti in
un reparto e a somministrare flebo per integrare il potassio.
Poi ti rimandano a casa, sino al prossimo ricovero".
Lorenzo, il più grande di tre fratelli, sino a 14 anni è
sempre stato un ragazzo senza problemi di alcun genere: molti
amici e diverse passioni. Le più importanti? Il tennis e il
calcio. Trascorreva le sue giornate a sognare la carriera di
Roger Federer in un circolo di Moncalieri, alle porte di Torino,
e a seguire le partite dell'Inter, la sua squadra del cuore. Poi
c'erano gli studi.
Ad un certo punto, però, per il ragazzo le giornate sono
diventate un macigno. Nemmeno lui sapeva il perché, ma quel
senso di insicurezza, di depressione, di disagio, di
insoddisfazione, di ansia ha cominciato a opprimerlo sempre di
più. Lorenzo ha rifiutato il cibo. "E' stato un campanello
d'allarme - spiegano i famigliari - Ha cominciato a mangiare
sempre meno, a dimagrire. Era evidente che non stesse bene". E'
iniziato un lungo calvario: gli specialisti, le visite, le
comunità di recupero, i centri di sostegno. Lorenzo ha ottenuto
la maturità scientifica, poi si è iscritto all'università.
Filosofia prima, Scienze della Comunicazione dopo.E' tornato a
uscire con gli amici. Ha cercato risposte nella musica, nel rap.
Ha aperto un canale YouTube, ha scritto dei versi per sfogare la
sua rabbia, le sue paure. Un mese fa, su un foglio bianco, ha
elencato i suoi desideri. "Essere più fiero di me stesso",
"Viaggiare", alcuni dei punti.
"Avevamo interpretato quel gesto come un segno di speranza.
Pensavamo che dimostrasse la sua voglia di lottare ancora",
ricordano i genitori. Un mese dopo è morto. Quel male
opprimente non l'ha mai abbandonato. Uno dei suoi fratelli lo ha
trovato a letto, immobile.
Negli ultimi giorni la situazione di Lorenzo era peggiorata.
Faticava anche a fare le scale. "La tragedia di nostro figlio
dimostra che di anoressia si può morire - dicono i genitori - Le
madri e i padri che stanno passando il nostro calvario lo devono
sapere. Bisogna affrontare il fenomeno, a iniziare dal punto di
vista legislativo. Le strutture pubbliche non sono abbastanza e
non c'è un sistema che sappia dirti a chi rivolgerti. È
necessario mettere mano alla normativa, perché c'è un vuoto".
Quando Lorenzo ha compiuto 18 anni, "è diventato libero di
decidere. Quando veniva ricoverato, firmava per essere dimesso.
E così via", spiegano i genitori. "Le istituzioni devono fare
qualcosa. Pensare a progetti di prevenzione nelle scuole,
percorsi di sostegno alle famiglie e investimenti. Non tutti
possono permettersi centri privati. Nessuno, in queste
situazioni, dev'essere lasciato solo".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA