"Abbiamo voluto parlare
di 'pace' e di 'pacificatori', proprio in questo momento in cui,
come ci ricordava Papa Francesco, stiamo vivendo quasi una
'terza guerra mondiale', con un terribile focolaio in Medio
Oriente, dove le confessioni cristiane orientali, ortodosse e
cattoliche, vivono le une accanto alle altre. Ma anche guardando
a quello che accade ai confini tra Ucraina e Russia, sono
regioni in cui il tema della pace è decisivo per il futuro della
presenza dei cristiani". Così, Enzo Bianchi, priore della
Comunità di Bose, presenta alla Radio Vaticana il XXII Convegno
ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, sul tema
'Beati i pacifici', in programma dal 3 al 6 settembre presso il
Monastero della Comunità nel Biellese, in Piemonte.
"Senza la pace interiore, quella dello Spirito, e senza il
raggiungimento dell'ideale dell'uomo disarmato, si avranno
sempre conflitti e di conseguenza guerre - sottolinea il Priore
-. Non si può pensare a una pace sociale con degli uomini che
sono personalmente armati e che non hanno negato la violenza che
li abita e presa nel cuore la mitezza. Le due cose sono
strettamente legate". "Non può darsi una pace politica se non
c'è una pace che tocchi le persone nel loro quotidiano e che le
renda - come dice Papa Francesco - artigiani di pace".
"Esercitarsi a vedere la 'bellezza' della pace - spiega il
Priore - significa vederla sempre possibile e soprattutto non
essere 'sedotti' dalla guerra. Gli uomini condannano la guerra,
fanno commemorazioni dei conflitti passati e poi fanno scoppiare
nuove guerre".
Importante la presenza in contemporanea al Convegno di Bose
di una delegazione del Patriarcato di Mosca e di una della
Chiesa ortodossa ucraina. "Cercheremo di favorire un dialogo -
spiega Bianchi - per capire cosa i cristiani possono fare per la
pace". "Il cristianesimo ha nel suo cuore Gesù Cristo, cioè il
Principe della pace. Dunque se è in concorrenza con le altre
religioni, come religione fra le altre, non è vero
cristianesimo".
A proposito delle persecuzioni subite dai cristiani in Iraq,
fanno riflettere le parole di Papa Francesco sulla necessità di
'fermare l'aggressore' ma valutando i mezzi. "Sono distinzioni
difficili ma profetiche - spiega Bianchi - ma che il Papa deve
assolutamente fare. Non dobbiamo armare fazioni che poi
combatteranno altre fazioni e andranno comunque ad aumentare la
violenza". "Dobbiamo piuttosto cercare tutti i mezzi per fermare
l'aggressore, renderlo innocuo, ma senza armarci gli uni contro
gli altri".
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