Mancata retribuzione di
lavoratori impiegati presso terzi, o pagamento di somme
irrisorie, al di sotto degli standard lavorativi; violazione
delle norme in materia di sicurezza, assenza di sorveglianza
sanitaria; turni di lavoro anche di 12 ore dall'alba al tardo
pomeriggio e senza alcune maggiorazione; ma anche forme di
sorveglianza e condizioni di lavoro degradanti con controllo
costante della quantità di prodotti agricoli raccolti dalle
singole squadre. Sono alcune delle violazioni accertate
nell'ambito di un'indagine culminata nel Maceratese
nell'esecuzione degli arresti domiciliari di due persone, di
origine pakistana e marocchina, per le accuse di caporalato e
sfruttamento del lavoro in agricoltura.
Altri due italiani, di origine pakistana e algerina, sono stati
denunciati per concorso in caporalato e riciclaggio.
Ad eseguite l'ordinanza cautelare sono stati i Carabinieri
del Nucleo ispettorato del lavoro di Macerata, con l'ausilio dei
militari delle stazioni di Montecosaro e Caldarola, coordinati
dalla Procura di Macerata. Le indagini erano state avviate a
settembre 2023 dopo segnalazioni e denunce. Le verifiche
avrebbero portato a circoscrivere gli addebiti nei confronti di
quattro indagati: tra questi ultimi, per gli inquirenti, avrebbe
avuto un ruolo di primo piano un pakistano arrestato e che si
trovava già ai domiciliari. Per garantirsi una continuità nello
sfruttamento dei lavoratori, si sarebbe avvalso di una società,
in parte riconducibile a se, ma intestata ad una donna
destinataria dell'obbligo di presentazione alla polizia
giudiziaria per l'accusa di sfruttamento del lavoro e
riciclaggio. I lavoratori, originari di Paesi extra-Ue, venivano
reclutati anche presso i centri di accoglienza, e utilizzati
nelle campagne della provincia di Macerata e province limitrofe.
I Carabinieri hanno riscontrato che, quotidianamente gli
indagati impiegavano squadre di operai e li conducevano nelle
campagne. Il caporale poteva contare su una continua e
sistematica richiesta di manodopera da parte di aziende
committenti fidelizzate, e reclutava in prestabiliti punti di
raccolta, situati nel Maceratese, i lavoratori stranieri, per lo
più di nazionalità bangladese e pakistana, i quali venivano
trasportati sui luoghi di lavoro con dei furgoni. Durante le
indagini sarebbero emersi gravi indizi di colpevolezza a carico
dei presunti sfruttatori che avrebbero esercitato un potere
intimidatorio e di ricatto, e disposto ogni giorno di stranieri
impiegati in maniera irregolare presso le aziende agricole del
territorio.
Le somme spettanti alla ditta riconducibile al principale
indagato, già sequestrata, sarebbero state reimpiegate in
un'altra società gestita di fatto dal principale indagato; è
stato ravvisato anche il reato di riciclaggio ed è stato
disposto il sequestro preventivo di due aziende, di cinque
veicoli aziendali e oltre 70mila euro, e la nomina di un
amministratore giudiziario. Il valore dei sequestri ammonta a
150mila euro.
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