E' un esercito che si è ingrossato e
in quattro anni è arrivato a 1.500 pescatori professionali
impegnati nel progetto TartaLife (finanziato dalla Commissione
Europea attraverso il programma Life+ e cofinanziato dal
Ministero delle Politiche Agricole) che vuole diffondere nel
settore della pesca professionale l'utilizzo di attrezzature a
basso impatto per ridurre le catture accidentali delle
tartarughe marine.
Lo sottolinea Legambiente spiegando che vengono utilizzate
reti a strascico modificate e dotate di una particolare griglia
(TED - Turtle Exculder Device) in grado di sbarrare la strada
alle tartarughe ma non al pesce e ami circolari che, per la
particolare conformazione, sono meno pericolosi per le
tartarughe e più facili da rimuovere rispetto a quelli
tradizionali. Per mitigare l'impatto delle reti da posta, il
progetto sta promuovendo l'uso di nasse speciali (completamente
richiudibili su sé stesse) e di dissuasori luminosi (led
ultravioletti) per renderle più visibili alle tartarughe.
Oltre ad usare queste tecnologie sostenibili, prosegue
Legambiente, tanti pescatori hanno imparato a recuperare le
tartarughe accidentalmente ferite o catturate, contribuendo al
lavoro dei centri di recupero e di primo soccorso sparsi lungo
le coste italiane. Un risultato ottenuto grazie anche alla
collaborazione di Consorzio Unimar, Alleanza delle Cooperative
Italiane della Pesca (AGCI Agrital,
Federcoopesca/Confcooperative e Legacoop Agroalimentare
Dipartimento Pesca).
"Con TartaLife i pescatori italiani possono dimostrare di
avere una elevata sensibilità ambientale e di poter essere
soggetti attivi della tutela del mare e delle sue risorse - ha
dichiarato Giampaolo Buonfiglio, presidente dell'Alleanza delle
Cooperative Italiane della Pesca".
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