Tre grandi muri sghembi si stagliano sul palcoscenico, mentre Jago, lucido regista di trame diaboliche, impartisce ordini a sei mimi-macchinisti su come impostare la pellicola del nuovo film che si appresta a girare. Si è aperta così ieri sera a Macerata in un'Arena Sferisterio sold out, la prima dell'Otello di Giuseppe Verdi, che il regista e scenografo spagnolo Paco Azorin ha voluto rappresentare come la trama di un copione in cui i personaggi si muovono come marionette inconsapevoli al volere di Jago. Una scenografia essenziale, che alleggerisce la drammaticità dell'opera interiorizzandola in una progressiva stilizzazione dei sentimenti che animano i protagonisti, fino a farli diventare - ha spiegato il regista - archetipi di volizioni primarie malate: la gelosia di Otello, dettata dalla paura d'invecchiare, l'ingenua generosità di Desdemona, la cieca leggerezza di Cassio, la sete di potere di Jago, simbolo del male assoluto.
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