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Capolavori Urbino, 40 anni fa il furto

Il 'furto del secolo'

Capolavori Urbino, 40 anni fa il furto

Libro racconta storia opere Raffaello e Piero rubate

URBINO, 05 febbraio 2015, 17:44

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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  (di Anna Maria Danese)
Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 1975, una notte nebbiosa a Urbino, tre capolavori assoluti della storia dell'arte, 'La Muta' di Raffaello, la 'Flagellazione' e la 'Madonna di Senigallia' di Piero della Francesca, presero il volo da Palazzo Ducale. I ladri, non proprio dei super esperti, come si scoprirà poi, erano entrati approfittando di un'impalcatura in tubi Innocenti, messa in piedi per poter eseguire dei lavori su una facciata, e soprattutto della mancanza di un sistema d'allarme. Le opere furono ritrovate il 23 marzo 1976 in un hotel di Locarno, in Svizzera, salvate in extremis dai carabinieri proprio quando i ladri si preparavano a distruggerle avendo realizzato che rivenderle era impossibile. A 40 anni di distanza, un libro scritto dal giornalista Vincenzo Oliveri, 'Albergo Muralto Camera 116' (Controvento editrice), ripercorre quell'incredibile vicenda, in una sorta di giallo con personaggi di fantasia ispirati dai veri protagonisti della storia che vuol essere, in primo luogo, un omaggio ai carabinieri per la tutela del patrimonio culturale che nascevano proprio in quel periodo.
   E "un'indagine con risvolti da romanzo", ha commentato di recente l'ufficiale che ha accompagnato la Madonna di Senigallia a New York per un'esposizione, portò al recupero dei quadri, dopo che i carabinieri, fingendosi acquirenti, avevano messo in scena una finta trattativa. Il libro dà conto anche di come sia maturata nel tempo, e come non fosse del tutto scontata allora, l'esigenza di tutelare il nostro patrimonio artistico: la 'Flagellazione', tanto per fare un esempio, era "compresa nell'elenco dei 30 capolavori dell'arte da salvare ad ogni costo in caso di guerra nucleare", eppure la Galleria nazionale delle Marche che l'ospitava "era priva di un qualsiasi sistema d'allarme".
   All'epoca era ministro ai Beni culturali Giovanni Spadolini ("il dicastero era nato poche settimane prima, novità assoluta per l'Italia, dettata dall'urgenza di rendere organica e efficace la tutela del patrimonio artistico"), che andò in visita a Urbino proprio per testimoniare l'attenzione delle istituzioni verso il 'sacrilegio' compiuto con quel furto, nella terra, peraltro, dove il soprintendente Pasquale Rotondi aveva salvato dai saccheggi nazisti, portandole nella rocca di Sassocorvaro, una miriade di opere d'arte. Il furto di Urbino fu rivendicato con due telefonate anonime: la prima all'Accademia delle Belle Arti, con la richiesta di un miliardo per ogni opera, la seconda all'allora sindaco Oriano Magnani, con la richiesta di 100 milioni in banconote da 10mila lire usate. Le indagini portarono all'arresto di Elio Pazzaglia, 33 anni, reo confesso, finito sotto processo con altre 4 persone accusate a vario titolo di concorso in furto aggravato e ricettazione. Il 29 marzo del '76 i dipinti fecero ritorno a Urbino: alle 17:40, a bordo di un furgone blindato messo a disposizione dalla Banca nazionale del lavoro, furono riportati a Palazzo Ducale tra gli applausi della gente, e "qua e là - scrive Oliveri - c'era chi aveva il volto segnato di lacrime e commozione".

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