"Ho voluto dipingere uno spettro
integrale della violenza, che la mostrasse in tutte le sue
sfumature: la violenza sessuale e domestica non è solo quella
che finisce sulle prime pagine dei giornali o manda le donne
all'ospedale. Nel mezzo ci sono una miriade di sfaccettature".
Lo afferma Julia Phillips, autrice del fortunatissimo romanzo
d'esordio "La terra che scompare" (Marsilio), finalista del
National Book Award dello scorso anno e nella top dieci dei
libri del 2019 secondo il New York Times.
Phillips inaugura le conferenze digitali in collegamento di
pordenonelegge, proposte in questa edizione 2020 per connettere
il pubblico locale con autori da tutto il mondo.
Il romanzo di Phillips è ambientato in Kamchatka, aspra terra
nella quale l'autrice americana ha vissuto per un periodo. Lì ha
raccolto testimonianze della dura vita che le donne del posto
devono affrontare, in una comunità in cui è quasi impossibile
per loro autodeterminarsi. Per una decina d'anni l'autrice ha
lavorato in una onlus per le vittime di abusi.
"Quand'ero in Kamchatka, mi sono resa conto che ciò che stavo
venendo veniva filtrato dalla mia mente e dai miei occhi di
americana, e che molte delle questioni che mi si presentavano
davanti erano identiche alle dinamiche del mio Paese d'origine",
ha raccontato la Phillips. "Dopo il movimento #MeToo, argomenti
che prima erano relegati alla sfera privata sono usciti allo
scoperto, ma la strada da fare nel percorso di guarigione e di
assunzione delle responsabilità, individuale e nazionale, è
ancora lunga".
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