Gli italiani si avviano a stili di
vita più salutari e cercano di portare a tavola cibi percepiti
come più sani. Al punto che, secondo un'indagine Nielsen, nel
2015 il carrello della spesa vede un incremento del 20% di
prodotti biologici. In particolare, come precisato da Antonella
Giuliano dell'Ismea, per uova, yogurt, latte fresco, pasta,
succhi di frutta e olio extravergine. "Ma mentre cresce la
domanda, l'offerta rimane stazionaria" ha detto Paolo Parisini,
presidente Fnp Agricoltura Biologica di Confagricoltura in un
seminario promosso oggi dalla confederazione che rappresenta il
15% delle aziende bio italiane. Soprattutto le big: in
controtendenza rispetto al nanismo imprenditoriale del comparto
"rappresentiamo - ho sottolineato Parisini - aziende agricole
con una superficie media di 50 ettari a fronte di una media
nazionale di 33. Una categoria imprenditoriale dinamica e vocata
all'export - il 74% è presente nei mercati internazionali da
oltre 5 anni - che chiede di crescere attraverso la ricerca,
l'innovazione, e il supporto dei Psr, Programmi di sviluppo
rurale. In 25 anni il nostro è un mondo cresciuto
tumultuosamente, è un settore sano, ma ha bisogno di supporto
istituzionale".
Il confronto ha sottolineato ottimismo del comparto per i
primi segni di ripresa e per la misura 11 dei fondi europei per
la prima volta dedicata all'agricoltura biologica. Il clima a
Bruxelles è dunque cambiato, ma "le Regioni devono crederci" è
l'appello del presidente di Confagricoltura Mario Guidi.
Dall'analisi dei 21 Psr la situazione cambia notevolmente a
seconda dei territori; vi sono, infatti, regioni in cui la
misura per il bio incide per circa il 20% dei budget dei Psr
(come Calabria e Sicilia) ed altre in cui questa incidenza è
estremamente limitata, come nel caso di Veneto, Campania,
Lombardia e Piemonte che investono nel biologico risorse
limitate: tra l'1,2 ed il 2,5% del budget complessivo dei
Psr"
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