Facebook censura le immagini di
Maometto ed è polemica su Mark Zuckerberg che solo due settimane
fa, sull'ondata di sdegno generata dall'attentato a Charlie
Hebdo, si era schierato con decisione in difesa della libertà di
espressione. In un articolo del Washington Post non si esita a
parlare di "ipocrisia". La goccia che ha fatto traboccare il
vaso è stata la decisione del popolare social media di bloccare
in Turchia un numero imprecisato di pagine che offenderebbero il
profeta. Eseguendo così l'ordine emanato da una corte di Ankara.
Ma questo è solo l'ultimo episodio. Con Zuckerberg & co. che
hanno già accettato di oscurare le pagine di alcuni rivali del
leader del Cremlino, Vladimir Putin, o quelle di alcuni gruppi
di dissidenti in Cina, a partire dai tibetani. In pratica -
accusano i detrattori - Facebook è sempre più accondiscendente
verso quei Paesi che rappresentano un potenziale mercato per
sviluppare enormemente il proprio prodotto. Con buona pace della
libertà di espressione.
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