La sesta estinzione di massa è in atto: negli ultimi 500 anni si sono estinte circa il 10% delle specie conosciute. E' la nuova stima che arriva da un nuovo studio coordinato dall'università delle Hawaii e il Museo di storia naturale di Parigi e pubblicato sulla rivista Biological Reviews, che ha analizzato in particolare la perdita di biodiversità dei molluschi.
"Il drastico aumento dei tassi di estinzione delle specie e il calo dell'abbondanza di molte popolazioni animali e vegetali sono ben documentati, tuttavia alcuni negano che questi fenomeni equivalgano a un'estinzione di massa", ha osservato Robert Cowie, primo autore dello studio.
A dare supporto a queste tesi, rilevano i ricercatori, è una visione parziale del problema. Ossia si tende a osservare solo quello che sta avvenendo trale specie più facilmente 'visibili', come i mammiferi e gli uccelli, che però costituiscono solo una parte ristretta della biodiversità mondiale. Focalizzandosi invece sul mondo degli invertebrati, emerge un quadro particolarmente drammatico: a partire dal 1500 si stima che delle quasi 2 milioni di specie viventi conosciute siano scomparse tra le 150mila e le 260mila (tra il 7,5 e il 13% del totale).
"L'inclusione degli invertebrati è la chiave che conferma che stiamo davvero assistendo all'inizio della sesta estinzione di massa nella storia della Terra", ha detto Cowie. Ovviamente il tasso di estinzione non è lo stesso nei vari ecosistemi e nei vari gruppi di viventi, ad esempio nei mari la scomparsa di specie sembra essere molto più ridotta che sulla terra.
Purtroppo, sul tema esistono molti 'negazionisti' - aggiungono i ricercatori - oppure tesi che sostengono che il cambiamento in atto vada interpretato come una sorta di 'correzione' degli ecosistemi ad opera dell'uomo. "Negare la crisi, accettarla senza reagire, o addirittura incoraggiarla - conclude Cowie - costituisce un'abrogazione della responsabilità comune dell'umanità e apre la strada nel continuare in questa triste traiettoria verso una sesta estinzione di massa".
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