Scoperte le cause che in 50 anni hanno portato al degrado del colore giallo usato dal pittore surrealista catalano Juan Miró: il pigmento è sbiadito per colpa della sua stessa composizione chimica, oltre che per il modo in cui è stato prodotto e per le condizioni ambientali in cui la pittura è stata conservata. Lo dimostrano le analisi scientifiche condotte da un gruppo internazionale di esperti che comprende ricercatrici del Politecnico di Milano e dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. I risultati dello studio sono pubblicati sulla rivista Heritage Science.
I ricercatori hanno analizzato nove campioni prelevati da dipinti, tubetti di pittura, tavolozze dell’artista, usando diverse tecniche analitiche: microscopia elettronica, fluorescenza ai raggi X al sincrotrone di Grenoble, spettroscopia infrarossa, micro-fotoluminescenza e analisi cromatografiche. La composizione chimica delle pitture e la struttura cristallina dei pigmenti sono gli indizi che hanno portato il team a sostenere che i colori degradati a base di giallo di cadmio provengano da tubetti di pittura prodotti dal marchio francese Lucien Lefebvre-Foinet, una casa parigina che produceva colori di alta qualità di cui si servivano artisti come Mondrian, Matisse e Giacometti. “La bassa cristallinità del pigmento lo espone a un’alta reattività foto-chimica", spiega Daniela Comelli del Politecnico di Milano. "Questa è tra le principali cause della vulnerabilità della pittura e va ricondotta al metodo con cui veniva sintetizzato il pigmento, metodo che tuttavia non è noto e di cui non sono state al momento ritrovate fonti storiche”.
Infine, le condizioni ambientali di conservazione hanno fortemente contribuito alla trasformazione chimico-fisica del materiale. Campioni dalla stessa composizione chimica mostrano differenti livelli di degrado, e il colore meglio conservato viene da una tavolozza rimasta chiusa in un cassetto per 32 anni, al riparo da luce e sbalzi di umidità. “Per conservare il giallo cadmio di Miró, come quello di altri artisti, è necessario controllare i parametri ambientali, fra cui, l’esposizione alla luce e l’umidità relativa", aggiunge Francesca Caterina Izzo, dell’Università Ca’ Foscari Venezia. "Nei casi di superfici pittoriche molto degradate e pertanto fragili, può aiutare la protezione con un vetro in grado di filtrare le radiazioni ultraviolette, mentre meritano ulteriori studi soluzioni che prevedano l’applicazione di protettivi e consolidanti della pittura”.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA