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Fluorescenza in 125 specie di mammiferi, dal gatto al koala

Fluorescenza in 125 specie di mammiferi, dal gatto al koala

Ancora da chiarire se conferisca un vantaggio evolutivo

09 ottobre 2023, 14:12

di Elisa Buson

ANSACheck

I wombat, o vombatidi, esaminati sotto la luce ultravioletta (fonte: © Western Australian Museum) - RIPRODUZIONE RISERVATA

I wombat, o vombatidi, esaminati sotto la luce ultravioletta (fonte: © Western Australian Museum) - RIPRODUZIONE RISERVATA
I wombat, o vombatidi, esaminati sotto la luce ultravioletta (fonte: © Western Australian Museum) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La fluorescenza nei mammiferi è più comune del previsto: dal gatto al koala, passando per l'orso polare e il wombat, sono almeno 125 le specie che brillano sotto la luce ultravioletta. Lo ha scoperto lo zoologo australiano Kenny Travouillon, esaminando gli esemplari conservati nella collezione dei mammiferi del Western Australian Museum di Perth, dove lavora come curatore. Lo studio è pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science.

La fluorescenza sotto la lampada a Uv è stata osservata non solo nei wombat e negli ornitorinchi (già identificati tra le specie biofluorescenti qualche anno fa), ma in quasi tutte le specie esaminate. Dunque la fluorescenza è presente in tutti e 27 gli ordini in cui sono classificati i mammiferi viventi e in 79 famiglie, praticamente la metà di quelle conosciute.

 "Le aree di fluorescenza includevano pelo bianco e chiaro, aculei, baffi, artigli, denti e parte della pelle nuda", spiega Travouillon insieme al suo team di ricerca. Nel caso della volpe rossa, per esempio, si è visto che sotto la luce Uv l'interno delle orecchie diventa verde, mentre la pelliccia del pipistrello Rhinonicteris aurantia si colora di un rosa brillante. L'unica specie di mammifero che non ha mostrato fluorescenza esterna è la stenella nana, un cetaceo di cui si sono messi a brillare solo i denti.

"Resta ancora da chiarire se la fluorescenza abbia uno specifico ruolo biologico nei mammiferi", sottolineano i ricercatori. Il fenomeno "è più comune e intenso tra le specie notturne", dunque è possibile che aiuti alcuni animali a essere più visibili in condizioni di scarsa luminosità per favorire l'accoppiamento e la difesa del territorio.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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