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Proteina chiave per la diagnosi precoce del tumore del seno

Proteina chiave per la diagnosi precoce del tumore del seno

E' presente nel 50% delle persone con forma piu' aggressiva

04 gennaio 2021, 12:32

Redazione ANSA

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La proteina PRUNE1 (in rosso) è iper-espressa nel carcinoma mammario triplo negativo del modello murino transgenico (fonte: CEINGE) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La proteina PRUNE1 (in rosso) è iper-espressa nel carcinoma mammario triplo negativo del modello murino transgenico (fonte: CEINGE) - RIPRODUZIONE RISERVATA
La proteina PRUNE1 (in rosso) è iper-espressa nel carcinoma mammario triplo negativo del modello murino transgenico (fonte: CEINGE) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Scoperta in Italia una proteina chiave per la diagnosi precoce del tumore del seno piu' aggressivo. La scoperta, pubblicata sulla rivista iScience, si deve ai ricercatori coordinati da Massimo Zollo, genetista del Ceinge e dell'Universita' Federico II, in collaborazione con l'Istituto Nazionale dei Tumori Ircs Fondazione Pascale.

I ricercatori si sono concentrati sulla forma piu' aggressiva di tumore al seno, il carcinoma mammario triplo negativo (Tnbc) che rappresenta il 20% dei tumori al seno. Lo studio ha dimostrato che la proteina chiamata Prune-1 e' espressa in maggiore quantita' in circa il 50% delle cellule tumorali delle persone con questa forma di tumore al seno ed e' correlata alla progressione della malattia e alle metastasi a distanza nei polmoni. Inoltre questa proteina e' collegata anche alla presenza nel tessuto tumorale di cellule del sistema immunitario, i macrofagi di tipo M2, che in questo caso sono correlati a un rischio piu' elevato di sviluppare metastasi.

Nei topi, e' stato osservato che quando i geni Prune1 e Wnt1 nella ghiandola mammaria sono iper espressi si generano, non solo questa forma aggressiva di tumore al seno, ma anche metastasi polmonari, spiega Veronica Ferrucci, della Federico II e del Ceinge.

Analizzando i database relativi a questo tumore, rileva Fatemeh Asadzadeh della Federico II e del Ceinge, "abbiamo avuto la conferma che quando questi geni sono iper-espressi, si verificano prognosi peggiori" Il processo scoperto nel modello animale quindi "puo' essere lo stesso anche nella donna".

Lo studio ha inoltre identificato nei topi una piccola molecola non tossica, "in grado di inibire la conversione dei macrofagi verso il fenotipo M2 e di ridurre il processo metastatico al polmone" osserva Zollo. Grazie a questi risultati e' stato sviluppato un kit che e' in grado di identificare all'esordio quali tumori del tipo considerato hanno maggiore probabilita' di sviluppare metastasi nei polmoni o in aree piu' distanti. Secondo Zollo occorreranno circa 1-2 anni di validazione, per dimostrare "la sua efficacia nella diagnosi clinica".

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