Un radicale cambiamento
nell'assistenza ai pazienti con cefalee a livello globale
potrebbe portare a miglioramenti nella qualità di vita dei
pazienti che aumenterebbero la produttività nei soggetti sotto i
50 anni e migliorerebbero direttamente la salute della
popolazione globale, data l'ampia diffusione dei casi di
disturbi legati alle cefalee (oltre 2,6 miliardi nel 2019).
È quanto riferito da Alberto Raggi (Neurologia, Sanità
Pubblica e Unità di Disabilità, Fondazione Irccs Istituto
Neurologico Carlo Besta di Milano) e Paolo Martelletti,
presidente della Fondazione Italiana per lo Studio delle Cefalee
in una review pubblicata sulla rivista The Journal of Headache
and Pain.
Senza la messa in atto di tale cambio di paradigma
nell'assistenza a questi pazienti, spiegano, non si riuscirà a
raggiungere l'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni
Unite numero 3 di Assicurare la salute e il benessere per tutti
e per tutte le età entro il 2030.
Infatti, secondo le ultime stime del Global Burden of Disease
(GBD), nel 2019 ci sono stati 793,8 milioni di nuovi casi di
cefalee primarie, 2,6 miliardi di casi complessivi e un totale
di 46,6 milioni di anni vissuti con disabilità (YLD) a causa
delle cefalee (a livello globale, le cefalee si collocano al
terzo posto dopo il mal di schiena e la depressione per impatto
in termini di anni vissuti con una qualche disabilità).
Gli autori suggeriscono diversi passaggi da intraprendere per
migliorare la cura delle cefalee, tra cui ridurre l'abuso di
farmaci per il trattamento delle cefalee; modificare il modo in
cui la gravità di una emicrania viene definita clinicamente in
modo che tenga conto anche della gravità dei sintomi associati;
sviluppare programmi di formazione significativamente più
completi per operatori sanitari sul trattamento dei disturbi
legati alle cefalee, compresa una formazione aggiuntiva durante
gli studi medici universitari; aumentare l'accesso al
trattamento preventivo per i disturbi legati alle cefalee nei
paesi a basso e medio reddito (Lmic).
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