Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Da Detroit: Become Human a Westworld, in gioco c’è la libertà dell'intelligenza artificiale

Da Detroit: Become Human a Westworld, in gioco c’è la libertà dell'intelligenza artificiale

Il racconto interattivo sci-fi di David Cage si interroga ma le macchine parlano del presente e del passato più che del futuro

31 maggio 2018, 20:20

di Federico Pucci

ANSACheck

Detroit Become Human - RIPRODUZIONE RISERVATA

Detroit Become Human - RIPRODUZIONE RISERVATA
Detroit Become Human - RIPRODUZIONE RISERVATA

Dopo aver occupato per decenni uno spazio saldo nel linguaggio dell’astrofisica per parlare dei buchi neri, negli ultimi anni l’espressione ‘singolarità’ ha preso un altro valore nel gergo comune: quando si dice singolarità tecnologica ci si riferisce infatti allo scenario per cui il sorgere di un’intelligenza artificiale autocosciente provocherà la fine della civiltà umana. La teoria ha avuto celebri sostenitori, come il leggendario fisico Stephen Hawking e il fondatore di Tesla e SpaceX Elon Musk. Ma prima di suscitare timori apocalittici, il tema dell’intelligenza artificiale ha occupato le menti fin dalla nascita del computer. Non è un caso che la procedura con la quale si misura l’intelligenza di una macchina si chiami Test di Turing, perché fu proprio il matematico inglese padre del computer a teorizzarlo negli anni ‘50 come esame per distinguere l’uomo dal calcolatore.

Il Test di Turing è menzionato ad esempio nel thriller sci-fi Ex Machina di Alex Garland, così come nel nuovo gioco di David Cage Detroit: Become Human, titolo sviluppato da Quantic Dream in esclusiva per PlayStation 4. Il gioco ruota intorno alle vicende di tre androidi: Kara, la prima a superare il Test di Turing e acquisire, quindi, una piena coscienza di sé, in fuga per la sua libertà; Connor, che come Deckard in Blade Runner ha il compito di trovare gli androidi “difettosi” andando a caccia dei modelli in fuga; Markus, che viceversa intende liberare gli androidi.

Un triangolo che pone molti interrogativi a un giocatore che con le sue scelte indirizza non solo il corso della storia dal profilo noir fantascientifico, ma lo sviluppo dei personaggi stessi: riprendendo lo storytelling interattivo dei suoi precedenti titoli, Heavy Rain e Beyond: Two Souls, David Cage non ha però tracciato solo una storia ramificata in scelte multiple per il puro gusto del racconto labirintico e soggettivo.

A spiegarlo all’ANSA è Adam Williams, lead writer del gioco, che tira le fila dal Golem ad Asimov, da Frankenstein a Metropolis di Fritz Lang: “Il gioco si chiede cosa succede quando uno strumento tecnologico comincia a mostrare qualità umane: se una macchina mostra emozioni o libero arbitrio, è ancora una macchina? La cosa interessante è che si tratta di una questione che si pone già oggi nella società”.

Non solo la fantascienza ha influenzato quindi questo lavoro: “Il set è futuristico, ma è un futuro che stiamo vivendo. Così, è stato facile inserire temi attuali come la segregazione e le divisioni di classe. L’influenza maggiore in realtà è stata la filosofia, gli esistenzialisti in particolare, perché il loro focus era cosa caratterizzasse l’esistenza umana in quanto tale”. In questo senso, la narrazione interattiva, con i suoi meccanismi di scelte multiple, affronta il tema di fondo: cosa distingue macchine e uomini? “Sartre diceva che l’uomo è condannato alla libertà, nel senso che tutti dobbiamo scegliere, non possiamo esimerci: per questo sei le scelte che fai. La drammatizzazione interattiva invita il giocatore profondamente dentro questo meccanismo. In questo modo la storia è sicuramente più toccante, e porta a uno degli snodi del gioco: non puoi fare scelte senza riflettere su cosa pensi tu dell’androide, sono risposte che ti devi dare da solo e che hanno risonanza attuale”. Stabilire se un androide potrà mettere a repentaglio o meno l’incolumità di un essere umano non è solo uno spunto di riflessioni sulle cosiddette leggi della robotica, né semplicemente indirizza il personaggio verso una strada da eroe, anti-eroe o villain.

La scelta multipla ha un peso per lo stesso concetto di intelligenza artificiale: “In inglese esiste l’espressione ‘ghost in the machine’: anche un computer che gioca a scacchi fa scelte, ma a che punto diventa intelligenza? Nel gioco le tue scelte sono le scelte degli androidi: quando ti interroghi sulla loro libertà, lo stai facendo con loro”. Un tema che sarà familiare a chiunque abbia visto o continua a vedere la serie HBO Westworld, in onda in Italia su Sky. Ma gli esiti di una macchina che prende coscienza di sé sono necessariamente catastrofici, come in quella storia o nel franchise Terminator? “Elon Musk pensa che sarà terribile, Mark Zuckerberg pensa che possa essere un’opportunità splendida: in qualche modo è incoraggiante che due persone che sono così vicine alla nascita dell’AI per come la intendiamo qui abbiano idee così opposte. Noi non abbiamo dato risposte, solo domande dall’importante valore sociale ”.

Alcune certezze in tema potrebbe averle Kate Crawford: la ricercatrice americana, cofondatrice dell’Artificial Intelligence Now Institute presso la New York University, ha parlato al Wired Next Fest di Milano degli impatti attuali e futuri dell’AI: “Sono molto sospettosa del termine ‘intelligenza’: si pensa a cose temibili e sofisticate come HAL 9000, ma quando parliamo di machine learning, si intende l’analisi di tantissimi dati, il riconoscimento di pattern e un processo di ottimizzazione. E attualmente gli standard usati per insegnare qualcosa alle macchine sono propensi a errori, è un sistema imperfetto”. Errori che, proprio come nella società discriminata e iniqua di Detroit: Become Human, mostrano più una traccia del passato che non un presagio del futuro: “Insegnare qualcosa a una macchina significa fornirle una serie immensa di dati storici, ma se quei dati mostrano elementi di discriminazione, questi si ripercuoteranno sulle risposte dell'AI. Lo vediamo nella sanità, nella polizia e nelle carceri, dove in America si sta applicando il machine learning. Per quanto suoni futuristica, l'AI è un riflesso della nostra storia”.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza