Il senso di colpa legato alla maternità esiste, è possibile, è legato a tanti condizionamenti esterni e a retaggi culturali e si insinua, di frequente, nell’esperienza delle madri già nel momento in cui desiderano o scelgono di esserlo, o di non esserlo. Il senso di colpa per non dedicare il 100 per cento del tempo ai figli, il senso di colpa se si hanno attività fuori dalla famiglia, il senso di colpa al lavoro per non essere invece a prenderli a scuola o a portarli a fare sport delegando baby sitter o parenti...
Claudia Campisi, psicologa del lavoro e career coach con collabora con TherapyChat, in occasione della Festa della mamma il 14 maggio dà la sua visione sui sensi di colpa legati alla maternità, approfondendo in particolare i fattori che li innescano, le forme di disagio con cui questi si manifestano e alcuni consigli per provare a liberarsene.
COSA INNESCA I SENSI DI COLPA?
Oggi i bisogni di autorealizzazione di una donna non si limitano esclusivamente all'essere madre, ma si è alla costante ricerca di equilibrio tra carriera, crescita personale, relazioni e famiglia. E nella ricerca di questo equilibrio, le madri subiscono le pressioni sociali che indirettamente sono esercitate da modelli, spesso, ideali e “filtrati” dai media e dai social network, che mostrano immagini lontane dalla realtà quotidiana, difficilmente perseguibili e, piuttosto che essere di ispirazione, diventano aspirazioni inarrivabili. Sono dunque tante le paure che le donne affrontano quando decidono di generare una vita ed è importante riconoscerle: il timore che non sia il momento giusto per avere un figlio, le preoccupazioni economiche dovute a precarietà professionale, la convinzione di non avere le capacità e abbastanza tempo...in poche parole: “di non farcela”. Anche la decisione di intraprendere questo percorso tardivamente procura molte ansie, tra le più comuni quelle di incorrere in problemi di infertilità o maggiori rischi durante la gravidanza.
COME SI MANIFESTANO?
Tra le forme di disagio legate ai sensi di colpa ci sono i sentimenti di inadeguatezza e la paura di non riuscire a gestire efficacemente i ruoli ricoperti dalle madri all’interno dei differenti contesti di vita. Ed ecco che insorgono giudizi severi frutto di autovalutazione che si amplificano nelle persone più fragili al punto da richiamare un senso di sconfitta e di fallimento, personale e generalizzato: la vergogna. Molte richieste di aiuto e di terapia online, infatti, nascono dal bisogno di iniziare un lavoro personale su di sé per contrastare le sensazioni di insicurezza che portano la persona con il tempo a credere di non essere mai all’altezza. Una percezione fortemente ancorata alla paura di essere costantemente sotto una lente immaginaria di valutazione.
COME PROVARE A DISINNESCARLI?
Riconoscendone le spie e tentando di oscurare questa grande lente per evitare di sentire il peso del giudizio degli altri. Dal team di TherapyChat arrivano 5 consigli a beneficio della salute mentale e del benessere emotivo delle madri per aiutarle a liberarsi della “trappola della colpa”:
· Cercare supporto sociale di amici e famigliari: non è necessario che le madri affrontino tutto da sole. Gli altri, dovrebbero mostrarsi pronti ad ascoltare e agire come nutriente dell’esperienza della maternità.
· Parlare dei propri sentimenti: non aver paura di parlare del terremoto che si ha dentro può fare una grande differenza. Inoltre, chiedere aiuto a uno psicologo quando si ha bisogno di cambiare il modo di affrontare le situazioni e di acquisire risorse psicologiche per gestirle.
· Dedicarsi del tempo: le madri possono sentirsi sopraffatte dalle richieste della genitorialità e dimenticarsi di prendersi cura di sé stesse. Ricavarsi piccoli spazi per esercizio fisico o meditazione è fondamentale.
· Cercare gruppi di supporto: avere un confronto alla pari con chi sta vivendo esperienze simili, condividere parti della propria avventura e consigli aiuta ad affrontare l’isolamento e la solitudine.
· Essere gentili e comprensive con sé stesse e creare aspettative realistiche: essere madre è un lavoro difficile, nessuno è perfetto e ogni famiglia è unica. È importante riconoscere che commettere errori e avere limiti è parte del processo di apprendimento e che ciò che funziona per un nucleo familiare può non funzionare per un altro.
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