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Giustizia: Teresi (Anm), vigileremo sulla separazione dei poteri

Giustizia: Teresi (Anm), vigileremo sulla separazione dei poteri

La riforma produrrà "attrazione organo requirente alla politica"

NAPOLI, 12 maggio 2024, 10:07

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

L'Associazione Nazionale Magistrati vigilerà "affinchè nessuna riforma produca l'effetto di intaccare quel delicato, mirabile equilibrio democratico disegnato dalla nostra Costituzione" per difendere "l'indipendenza della magistratura dalla politica e la concreta separazione dei poteri" elementi centrali "delle garanzie di imparzialità delle decisioni". E' quanto ha assicurato, da Palermo, Ida Teresi, presidente della giunta del distretto di Corte d'Appello di Napoli dell'Associazione Nazionale Magistrati, intervenuta al occasione del Congresso Nazionale Anm che si conclude oggi nel capoluogo siciliano.
    "La regressione verso forme di democrazia illiberale, prima ancora che verso derive autoritarie, - spiega Teresi - vede come primo passo l'adozione di strumenti miranti a 'impacchettare le Corti': si tratta della insidiosa e distruttiva manovra del 'packing state court' che sta allarmando, e deve allarmare, chiunque - giudici, studiosi, accademia, avvocatura, stampa e società civile - abbia a cuore la difesa della democrazia in Italia, in Europa e nel mondo".
    Il cosiddetto "impacchettamento delle Corti", ha evidenziato il magistrato antimafia partenopeo, "è un rischio concreto cui stiamo assistendo in Europa" e che si esplica "muovendo attacchi alla magistratura e alla sua indipendenza attraverso interventi su alcuni punti nodali".
    Teresi si è detta anche grandemente meravigliata dalla posizione dell'avvocatura italiana sulla separazione delle carriere (tra magistrati inquirenti e giudicanti): "la agognata sottrazione del pubblico ministero dalla giurisdizione e la conseguente attrazione dell'organo requirente alla politica, unita alla abolizione della obbligatorietà dell'azione penale, - ha sottolineato il magistrato - determineranno una straordinaria esaltazione del suo ruolo politico e della sua controllabilità a opera delle maggioranze; determineranno il rafforzamento della sua posizione processuale a onta di ogni pretesa di garantire la parità". 

 

L'intervento completo

Congresso Nazionale ANM

Palermo, 10-12 maggio 2024

“La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente il senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi giovani di non sentire mai…ogni giorno sulle libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica…In questa Costituzione …c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato...i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie….dietro questi articoli si sentono voci lontane…Dietro a ogni articolo di questa Costituzione…voi dovete vedere giovani come voi…che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta…non è una carta morta, è un testamento di centomila morti….dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità... lì è nata la nostra Costituzione”: Piero Calamandrei agli studenti milanesi il 26 gennaio 1955.

Dopo 69 anni, oggi leggiamo questo:

“Le proposte di riforma…con due consigli separati…metà dei membri di ogni consiglio nominati dal governo…membri scelti tra i magistrati …tramite meccanismi non elettivi, incluso il sorteggio…la sottrazione al Consiglio Superiore di ogni possibilità di difendere l’indipendenza dei singoli giudici ed esprimere pareri su proposte legislative…la eliminazione di argini costituzionali al sistema gerarchico in magistratura…l’Associazione… ritiene che tali iniziative costituiscano un grave attacco all’indipendenza della Magistratura; che esse minino l’equilibrio dei poteri in Italia e si pongano in contrasto con gli standard europei.

Il Consiglio deve essere indipendente e libero da influenze politiche.

L’Associazione Europea dei Giudici prende atto dei tentativi di indebolire la posizione dei pubblici ministeri tramite la loro sottoposizione a un consiglio superiore per la magistratura requirente, la separazione delle carriere e la limitazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale. Tali proposte sono descritte dai loro fautori come idonee ad assicurare l’imparzialità del giudice e a rafforzare il principio del contraddittorio nel processo penale; in realtà esse legittimano una ampia estensione degli spazi di influenza che la politica può esercitare sull’attività giurisdizionale, indebolendo autonomia e indipendenza della magistratura…indispensabili per l’esercizio della funzione giurisdizionale in uno Stato di diritto…”: non è una nota dell’ANM; è scritto nel documento approvato dall’Associazione Europea dei Giudici a Varsavia il 25 aprile 2024.

L’indipendenza e l’autonomia della magistratura sono i pilastri di una società libera e democratica, fondata sulla separazione dei poteri; sono la prima garanzia di una decisione giudiziaria realmente imparziale, che tuteli i diritti fondandosi esclusivamente sulla legge e non risponda a sollecitazioni o condizionamenti di parte; e sono l’unico strumento per la effettiva eguaglianza di tutti i cittadini di fronte a essa.

Una politica che intenda indebolire e neutralizzare il controllo democratico garantito da una magistratura indipendente è autoritarismo, è violazione del principio di separazione dei poteri, e negazione dell’imparzialità. Mira a ottenere decisioni di parte.

Ed è anche ritorno a un passato caratterizzato da regimi illiberali: “Una società in cui non sia assicurata la garanzia dei diritti né determinata la separazione dei poteri non ha Costituzione”: è scritto addirittura nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino emanata nel 1789 durante la Rivoluzione francese.

Ebbene, la regressione verso forme di democrazia illiberale, prima ancora che verso derive autoritarie, vede come primo passo l’adozione di strumenti miranti a “impacchettare le corti”: si tratta della insidiosa e distruttiva manovra del packing state court che sta allarmando -e deve allarmare- chiunque (giudici, studiosi, accademia, avvocatura, stampa, società civile) abbia a cuore la difesa della democrazia in Italia, in Europa e nel mondo. Democrazia che non può vivere al di fuori dello Stato di diritto inteso come soggezione dei poteri pubblici alla legge, separazione tra i poteri e controllo giurisdizionale assicurato da giudici indipendenti a garanzia delle libertà individuali anche nei confronti del potere pubblico.

E’ un rischio concreto cui stiamo assistendo in Europa: mirare all’ “impacchettamento delle Corti” agitando tensioni nei rapporti istituzionali e muovendo attacchi alla magistratura e alla sua indipendenza attraverso interventi su alcuni punti nodali: il controllo delle nomine e dell’esercizio indipendente della funzione, anche nel suo momento di massima espressione dello jus dicere che è l’interpretazione, con l’obbiettivo di aumentare l’influenza della politica sulla giurisdizione.

Come magistratura associata intendiamo pertanto vigilare, con rispettoso spirito di collaborazione istituzionale, affinchè nessuna riforma produca l’effetto di intaccare quel delicato, mirabile equilibrio democratico disegnato dalla nostra Costituzione. O addirittura porre il Paese al di fuori degli standard europei delineati delle Convenzioni che fondano la rule of law operante nelle Corti europee, ove l’indipendenza della magistratura dalla politica e la concreta separazione dei poteri sono al centro delle garanzie di imparzialità delle decisioni.

Indipendenza e autonomia come pilastri dell’Unione, dunque, pur se in un contesto di differenti legislazioni nazionali; tanto da individuare la lesione dell’indipendenza dalla magistratura quale violazione dell’art. 6 CEDU: violazione del diritto fondamentale a un equo processo connesso alla mancanza di indipendenza e al controllo politico sulla giustizia. Così si legge nelle sentenze delle Corti Europee; ove è detto che anche il diritto alla vita privata e familiare e la libertà di espressione, garantiti dagli artt. 8 e 10 CEDU, sono ulteriori garanzie contro ogni possibile turbativa dell’indipendenza dei giudici.

Anche per questo meraviglia grandemente la posizione dell’avvocatura italiana sulla separazione delle carriere: la agognata sottrazione del pubblico ministero dalla giurisdizione e la conseguente attrazione dell’organo requirente alla politica, unita alla abolizione della obbligatorietà dell’azione penale, determineranno una straordinaria esaltazione del suo ruolo politico e della sua controllabilità a opera delle maggioranze; determineranno il rafforzamento della sua posizione processuale a onta di ogni pretesa di garantire la parità delle armi.

Da un pubblico ministero parte pubblica, istituzionalmente e doverosamente imparziale, primo giudice a garanzia dei diritti e del diritto, tenuto alla ricerca della verità (a differenza della difesa, per definizione e regolamentazione normativa obbligata a garantire gli interessi dell’assistito, pur se colpevole) a una figura potenzialmente tanto più potente e parziale che rischia pericolosamente di indurre, al contrario di quanto atteso, subalternità della difesa e compressione dei diritti del cittadino.

Che indebolirà anziché rafforzare la terzietà, imparzialità e indipendenza del giudice.

Va detto chiaramente: al giudice arriva ciò che il pubblico ministero raccoglie, ricostruisce, trasmette e pone a disposizione del giudizio.

Oggi le regole (costituzionali, ordinamentali e processuali) garantiscono nel nostro Paese non solo la cultura giurisdizionale e garantista del pm, ma il controllo dell’operato del pubblico ministero da parte del giudice e dello stesso cittadino, attraverso il suo difensore. Sicuramente più di quanto accada negli altri Stati europei, che non per nulla guardano al nostro sistema come a quello che maggiormente assicura, esattamente all’opposto di quanto affermato da alcuni, la piena terzietà del giudice.

E basta scorrere le tante sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo sul giusto processo, sotto il profilo dell’imparzialità del giudice e della parità delle armi, per rendersi conto di quanto preziosa sia l’attuale configurazione del pubblico ministero italiano a garanzia di una giurisdizione imparziale e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; a garanzia della tutela delle regole democratiche, in definitiva.

Non possiamo pertanto non manifestare la nostra preoccupazione di fronte a riforme costituzionali e ordinamentali che rischierebbero di rendere i giudici italiani più deboli anziché più “terzi”: e giudici deboli non potranno mai garantire interpretazione sottratta a condizionamenti e imparzialità. La collettività sarebbe meno difesa; la democrazia a rischio di regressione illiberale.

Come magistratura associata non possiamo fare altro che questo (lo abbiamo fatto sinora e continueremo a farlo): cercare il dialogo con le istituzioni, offrire il nostro rispettoso contributo tecnico, in prospettiva costituzionale, ma anche denunciare con fermezza i rischi.

In questi giorni cade l’anniversario del delitto Matteotti: la storia del processo ai suoi assassini rappresenta in modo esemplare la distruzione di ogni possibilità di giustizia attraverso il controllo politico di un procedimento penale. Quella vicenda, dall’omicidio al processo, non fu solo espressione e ragione di affermazione e rafforzamento di una dittatura violenta; ma anche esempio degli effetti nefasti dell’ingerenza della politica nella giurisdizione. A quella e ad altre vicende hanno reagito coloro che ci hanno consegnato l’attuale assetto costituzionale della magistratura italiana, con un pubblico ministero sottratto al controllo politico e inserito nella giurisdizione; con un CSM concretamente in grado di svolgere i suoi compiti di autogoverno a difesa dell’indipendenza della magistratura italiana e della correttezza ed efficacia dell’esercizio della funzione giurisdizionale; con una magistratura sottoposta soltanto alla legge e in grado di esercitare con autonomia, in scienza e coscienza, il suo fondamentale dovere di interpretare e applicare la legge.

Chiudo con le parole di Piero Calamandrei ricordate in apertura: “… ogni giorno… sulle libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo…”

Lo faremo.

                                                                                 Ida Teresi

(Presidente della Giunta del Distretto di Corte d’Appello di Napoli dell’Associazione Nazionale Magistrati)

 

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