Cubasina ai più
non dirà nulla. É una località sui monti tra Giffone e Galatro,
nella Piana di Gioia Tauro. Un posto quasi isolato, difficile da
raggiungere, dove sorgono i resti di un monastero intitolato a
Sant'Elia e realizzato da monaci greco-bizantini fuggiti dalla
distruzione di Taureana nell'XI secolo dopo Cristo. Una leggenda
narra che fuggirono portandosi i resti di S.Elia lo Speleota.
Nei mesi estivi è possibile ogni tanto incontrare visitatori
che ancora conservano il valore della memoria e della storia.
Gente alla ricerca del silenzio e della contemplazione. Se ne
stanno quasi oranti dopo ore di cammino immaginando i fasti
antichi e la santità del luogo, ormai abbandonato. É la Calabria
delle bellezze nascoste o dimenticate, delle pietre oranti, che
ancora costituiscono, come piccoli scrigni, luoghi della
bellezza. Qui nel silenzio più assoluto c'è chi giura di sentire
tra le vecchie e possenti mura i canti greci degli antichi
monaci, in particolare in prossimità del crepuscolo.
Ricchezze e storia, fede e cultura nei monti della Calabria
dimenticata che continua errante una ricerca di sé. Nel convento
di Cubasina visse per un periodo di tempo anche il monaco
Baarlam di Seminara (1290-1348), maestro di latino e greco di
Petrarca, matematico, filosofo, vescovo di Gerace, teologo e
studioso della musica bizantina. Scrisse, anche, di aritmetica,
musica e acustica. Fu uno dei più convinti fautori della
riunificazione fra le Chiese d'Oriente e Occidente. La sua
figura emerge nel bisogno della ricerca di Dio anche in questi
mondi, distrutti dall'incuria dell'uomo moderno e dal consumismo
nel quale si è ormai adagiato.
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