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Dati sanitari, troppe criticità per l’Italia

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Dati sanitari, troppe criticità per l’Italia

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In collaborazione con Fondazione Mesit

Uso reso difficile da privacy, eterogeneità e tempi lunghi

10 aprile 2024, 10:26

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Matteo Scortichini, ricercatore CEIS - Eehta dell’Università di Roma Tor Vergata - RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Scortichini, ricercatore CEIS - Eehta dell’Università di Roma Tor Vergata - RIPRODUZIONE RISERVATA
Matteo Scortichini, ricercatore CEIS - Eehta dell’Università di Roma Tor Vergata - RIPRODUZIONE RISERVATA

ANSAcom - In collaborazione con Fondazione Mesit

I dati sanitari sono uno strumento essenziale per la gestione del sistema sanitario e per la ricerca, tuttavia l’Italia fatica a utilizzarli in maniera ottimale. “Persistono numerose criticità”, spiega Matteo Scortichini, ricercatore CEIS - Eehta dell’Università di Roma Tor Vergata intervenendo al convegno "Healthcare Shirt”, promosso dalla Fondazione Mesit in collaborazione con Ceis-Eehta dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. “Abbiamo difficoltà di utilizzo per ragioni legate alla privacy, per la mancata omogeneità del dato a livello nazionale. In molti contesti, poi, il dato non è affatto disponibile. E poi c’è un problema di tempi: perché il dato sia utile la sua disponibilità deve essere tempestiva, cosa che non sempre avviene in Italia”. In tal modo, l’Italia rischia di vanificare una grande opportunità. “Si sta lavorando con il Garante della privacy per far comprendere come i dati in sanità abbiano delle diversità rispetto ad altri ambiti”, spiega il capo dipartimento della Programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Ssn del ministero della Salute Francesco Saverio Mennini. “Senza un accesso completo ai dati per il ministero della Salute diventa complicato fare programmazione sanitaria degna di questo nome. Ci aspettiamo di risolvere i problemi con i dati per permettere al ministero e agli enti collegati - penso all’Aifa - di utilizzare queste informazioni per programmare bene la politica del farmaco. Il che significa anche garantire un accesso equo ed omogeneo a farmaci e tecnologie più efficaci a tutti i cittadini”, aggiunge Mennini. Una migliore programmazione, inoltre, conclude, si traduce “in risultati migliori dal punto di vista dell’efficacia dell’intervento sanitario per i pazienti e in una riduzione dei costi diretti e indiretti; oltre a rappresentare un volano per gli investimenti del settore industrial del nostro paese”, conclude. “I dati, poi, sono necessari per il monitoraggio; per capire come vengono spese le risorse e se l’impatto degli interventi è reale”, aggiunge Ylenja Lucaselli, deputata FdI. “Tutto questo in Italia non avviene e, di conseguenza, c’è una enorme difficoltà nel capire come le Regioni impieghino le risorse”. “Oggi è impossibile fare politica sanitaria senza dati”, le fa eco la senatrice Pd ed ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “Ho cercato di dare un piccolo contributo presentando un disegno di legge per potere utilizzare i dati di ricerca secondari per la prevenzione, senza cambiare il regolamento sulla privacy".Il ddl punta ad applicare ai dati sanitari un meccanismo che viene in alcuni casi impiegato per la gestione di alcuni dati finanziari. “Viene detto sandbox, un termine che sta a indicare il giardino che viene usato per far giocare, in sicurezza, i bambini”, aggiunge Lorenzin. "Cosa significa? Una Asl che ha i dati da cui emerge un alert epidemiologico può invitare i cittadino a fare determinate cose, come sottoporsi a una visita, uno screening o una vaccinazione, se necessario. Oppure degli enti di ricerca possono avere la possibilità di non dover chiedere il consenso tutte le volte per poter fare una nuova ricerca. Questo diventa indispensabile per le malattie rare dove le persone coinvolte nelle ricerche sono pochissime. Immaginiamo se quel dato dovesse essere buttato invece di approfondire eventuali linee della ricerca che si stano facendo”, conclude Lorenzin.

ANSAcom - In collaborazione con Fondazione Mesit

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