La Corte d'appello di Trento ha
confermato la sentenza di non luogo a procedere già pronunciata
dal gup, riconoscendo l'insussistenza dell'ipotesi accusatoria
nei confronti dei vertici del gruppo Mezzacorona per
l'operazione di acquisizione dell'azienda siciliana Feudo
Arancio, avvenuta nei primi anni Duemila. Il capo di imputazione
riguardava l'ipotesi riciclaggio di beni provenienti da
associazione mafiosa, aggravata dalla finalità di agevolare le
associazioni mafiose. La Corte ha disposto anche la distruzione
delle intercettazioni telefoniche.
"Esprimiamo piena soddisfazione perché i giudici hanno
condiviso integralmente le argomentazione della difesa,
affermando la assoluta insussistenza delle accuse rivolte ai
verti del gruppo Mezzacorona, e riconoscendo che questi hanno
sempre agito in piena trasparenza e nel pieno rispetto della
legalità", ha spiegato all'ANSA l'avvocato Vittorio Manes,
difensore di uno degli imputati.
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