Lo studio, realizzato per
l'occasione, parte dalla considerazione che i settori tipici del
Made in Italy (tessile-abbigliamento, alimentari-bevande,
legno-arredo, nautica, ceramica, oreficeria) sono da sempre
fortemente votati all'export, con oltre il 50% della produzione
complessiva, rispetto al 35% degli altri settori manifatturieri.
Secondo la ricerca, sono due le linee di azione prioritarie: da
una parte l'adozione a scala dell'innovazione tecnologica e
dall'altra l'estensione del 'brand Made in Italy' a settori
economici eccellenti non tradizionalmente compresi nella
definizione (come la meccatronica, la farmaceutica, la chimica,
etc) con opportune politiche di comunicazione e marketing
sistemiche. Secondo lo studio, complessivamente, la posta in
gioco è un potenziale aggiuntivo del Pil dei settori 'estesi'
del Made in ltaly di circa 80 miliardi di euro entro il 2030.
"Lo sviluppo tecnologico sempre più rapido pone le nostre
imprese di fronte a nuove sfide che possono diventare grandi
opportunità" ha commentato Sergio Dompé, presidente del Comitato
Leonardo. Secondo cui "il Made in Italy è un concetto in
evoluzione che dobbiamo aggiornare costantemente". "L'adozione
su larga scala dell'intelligenza artificiale rappresenta la leva
strategica fondamentale per permettere di sviluppare l'economia
nazionale, ottenere significativi vantaggi competitivi e
incentivare la crescita dell'occupazione" ha commentato Mauro
Macchi, presidente e ad di Accenture Italia.
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