GARY SNYDER, 'PERICOLO SULLE CIME (DANGER ON PEAKS) (a cura di Paolo Allegrezza, edita da Elemento115 pp. 230 - 12,00 euro),
Dopo la morte di Ferlinghetti, scomparso nel 2021 a 102 anni, Gary Snyder è considerato l'ultimo della beat generation che ancor fa sentire la sua voce, pur avendo compiuto, l'8 maggio, 93 anni, essendo di qualche anno più giovane delle voci storiche, da Ginsberg a Kerouk, il quale lo ritrasse nel protagonista Japhy Ryder dei ''Vagabondi del Dharma'', col suo rigore, la sua cultura buddista e l'amore per la montagna. Legata alla San Francisco reinassence, la sua è una voce particolare che è stata l'anima ambientalista del movimento, anche lui affascinato dalla cultura orientale e dal buddismo, essendo vissuto in Giappone per dodici anni dal 1956 al 1968, dopo aver studiato lingue orientali a Berkley, legando l'anelito a un'armonia generale alla convinzione che questa dovesse partire innanzitutto da un buon rapporto con la natura.
In Italia ha avuto meno fortuna, pur essendo usciti una decina di volumi con suoi versi, a partire dal 1974 con ''Il vulcano Kyushu e altre poesie'', edito da Mondadori, e ora, per iniziativa e a cura di Paolo Allegrezza, viene proposta a omaggiare questo novantenne una sua raccolta molto lodata e significativa del 2004, ''Pericolo sulle cime'' (Danger on peaks) edita da Elemento115 (pp. 230 - 12,00 euro), divisa in cinque sezioni con testi scritti in circa 40 anni. Il volume è un po' un ponte tra le esperienze giovanili e la vita successiva, tra un sentire più collettivo e impegnato (il primo componimento è l'ascesa al monte St, Helens nell'agosto del '45, con, al ritorno, l'arrivo della notizia delle bombe di Hiroshima e Nakasaki e gli ultimi sono sulla distruzione dei Budda di Bamyan a opera dei talebani) e una dimensione di vita ''immediata, intima, di piccoli fatti e intuizioni'' in cui la pace si compenetra con l'armonia. ''Questa doppia dimensione, contemplativa e attiva, ascetica e anti intellettualistica, è la cifra di del lavoro poetico di Snyder'', scrive Allegrezza, che ricostruisce la nascita della beat generation, partendo dai primi incontri nel 1943 per arrivare alla nascita della City Lights Books e poi al reading della Six Gllery nel 1955, che è un po' la nascita ufficiale del movimento, cui Snyder partecipa.
Nato a San Francisco nel 1930, Snyder cresce poi in realtà al nord, nello stato di Washington dove vita quotidiana e ambiente sono strettamente intrecciati e in particolare lo sono per la cultura degli indiani Salish, con cui entrerà in contatto, scoprendone l'intatto spirito originario.
Inizia a scrivere poesie attorno ai venti anni, ma le prime escono in volume nel 1959 col titolo ''Riprap e poemi delle Cold Mountain, legati alla sua esperienza di lavoro al Yosemite Park.
Sono versi che risentono della sua formazione, degli incontri che hanno segnato la sua crescita. Il tono è quello affabulatorio, colloquiale nel verso libero e senza rime, con echi della poesia orale e dello stile diretto di William Carlos William, ma con più libertà e influenze visionarie e immaginifiche che qualcuno ha accostato ai caratteri di molti canti tribali degli indiani d'America. La sua ultima raccolta è del 2015, ''The present moment'', mentre l'edizione di tutti i suoi versi ''Collcted poems'' è dello scorso anno. Con ''Tartle island'' nel 1975 vinse il Premio Pulitzer, portando avanti la sua idea per cui gli americani solo con un profondo contatto con la natura possono abbandonare il ruolo di distruttori delle culture indiane e dell'ambiente e riuscire da essere davvero nativi americani. La sua poesia indica sempre un percorso, una liberazione, un recupero, e si potrebbe considerare come ''una manifestazione in versi della pratica, una sorta di piccolo passo sulla via del Dharma, l'anima del cosmo'', come annota Allegrezza.
Quanto alle poesie appena edite in italiano, ''la struttura sintattica è ridotta la minimo, così pure l'uso dei connettivi, ai quali sono preferiti i segni d'interpunzione o il distanziamento grafico. Sono estranee a Snyder modalità com e il ritmo cantilenato, il monologo fiume, l'invettiva, il racconto visionario, praticate da Ginsberg, Corso e Ferlinghetti''. la sua è una scrittura ''argomentativa e ,a suo modo, filosofica, in questo senso ascrivibile all'avanguardia'', con echi della amata e studiata poesia giapponese.
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