DAVID VAN REYBROUCK, REVOLUSI (FELTRINELLI, PP 688, EURO 25)
L'umiliazione "è una forza politica tra le più sottostimate". È la prima lezione, la più importante, che David Van Reybrouck, l'autore belga del bestseller internazionale Congo, ha tratto dagli ultimi testimoni viventi del periodo della lotta per l'indipendenza in Indonesia degli anni Quaranta. Oltre 200 persone che ha intervistato nelle case di riposo indonesiane, nelle metropoli giapponesi e nelle isole più sperdute di cui ha raccolto le memorie che ora sono nel suo nuovo libro Revolusi, un'opera monumentale di 600 pagine, pubblicata da Feltrinelli, con cui è stato al Salone del Libro di Torino 2023.
"La cosa che è emersa in queste interviste è che un popolo può essere umiliato per un certo periodo, non per sempre. La rivoluzione indonesiana può essere per certi versi paragonata a quella francese. Non era una rivoluzione comunista, ma una rivoluzione popolare, tutti si sono alzati in piedi" dice all'ANSA Van Reybrouck che è anche drammaturgo e nel 2011 ha lanciato in Belgio il progetto G1000, una piattaforma di innovazione democratica per aumentare la partecipazione dei cittadini al processo politico.
"Rispetto all'epoca che stiamo vivendo ritengo che la dinamica dell'umiliazione sia altrettanto presente. Lo è in Europa, ma anche negli Stati Uniti. La democrazia e l'economia umiliano le popolazioni e bisogna fare in modo che i cittadini siano reintegrati nella vita dei loro Paesi e dei loro Continenti.
L'espressione della democrazia spesso si riduce alle elezioni, al diritto di votare, però la democrazia è molto di più. Con questo sistema non si da voce alla rabbia delle persone, non viene dato il diritto alla parola" sottolinea.
La cosa che non bisogna mai dimenticare per Van Reybrouck "è che il periodo coloniale tutto sommato è ancora vicino, è successo poco tempo fa e non è detto che non ricapiti. Bisogna farsi delle domande sul futuro e trarre delle lezioni dal passato coloniale".
La lotta per l'indipendenza in Indonesia è stata considerata a lungo un conflitto lontano e marginale tra una potenza coloniale, i Paesi Bassi, e la sua colonia, le Indie Orientali Olandesi, invece, ci dice l'autore belga in questo libro, ha scritto la nostra storia. "L'Indonesia è stato il primo paese a ottenere l'indipendenza e questo ha avuto un impatto sulla decolonizzazione del mondo intero. E' stata una rivoluzione popolare, ma che ha dato inizio al mondo moderno" spiega e ricorda la leggendaria Conferenza di Bandung, nel 1955, la prima conferenza internazionale senza l'Occidente.
"Gli olandesi hanno dimostrato una certa miopia psicologica.
Consideravano la loro colonia redditizia e ritenevano che gli indonesiani fossero felici di essere colonizzati. Non si sono resi conto che il malcontento non si limitava a qualche dissidente, ma era generalizzato" sottolinea lo scrittore che ha impiegato sei anni per finire Revolusi, Rivoluzione appunto, due interamente dedicati alla scrittura. "Mi sono reso conto che i testimoni dell'epoca erano sempre meno numerosi, stavano morendo quasi tutti e ho deciso di lanciarmi con le interviste.
È stato un lavoro bellissimo, come una ricerca di archivio all'aria aperta, ai Tropici".
Anche le ondate di migrazione a cui assistiamo, secondo l'autore di Revolusi, sono da collegare a un passato coloniale. "C'è un colonialismo del passato ma c'è anche un colonialismo del presente di cui spesso ci si dimentica. Ho visto recentemente una cartina che riportava i problemi legati al riscaldamento climatico e alle immissioni di gas serra e sembra proprio di vedere una cartina del colonialismo del passato. Abbiamo ancora una volta i Paesi del Nord che emettono gas serra e i Paesi del Sud che ne soffrono e di conseguenza questo porta a nuove ondate di migrazione" afferma.
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