Dall'alto delle 2 Palme d'oro
conquistate in rapida sequenza (la seconda un anno fa con
Triangle of Sadness), il presidente della giuria Ruben Östlund
impone subito la legge del silenzio quando - a verdetto
annunciato - i giornalisti gli chiedono se il massimo premio a
Justine Triet sia stato deciso all'unanimità. "Non si racconta
mai quello che è successo - dice Östlund -, magari si saprà tra
molto tempo. Vi posso solo dire che per tutti i premi abbiamo
molto discusso tra noi e che è stata un'esperienza forte e
importante".
A vedere la sua faccia e quella dei colleghi è legittimo
invece pensare che il voto del presidente abbia pesato molto e
che il regista svedese abbia interpretato il ruolo dell'uomo
solo al comando, grazie a dialettica pronta, voce tonante,
prestigio e carisma. "Sul film che ha vinto - aggiunge - vi
posso dire che la visione nel Grand Theatre Lumière insieme al
pubblico ci ha confermato che questo tipo di cinema, quello che
abbiamo trovato anche in altre opere in competizione, è ciò che
cercavamo: un cinema capace di appassionare il pubblico, restare
nella memoria, parlare un linguaggio che tutti capiscono".
Non una parola invece sui film italiani (una delle maggiori
squadre in concorso) e nemmeno su altri grandi dimenticati come
Ken Loach. La consegna del silenzio per il momento si impone.
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