La Procura di Milano ha chiuso
l'inchiesta, in vista della richiesta di processo anche per
l'accusa di "attentato alla sicurezza dei trasporti", a carico
di Hassine Hamis, il 37enne marocchino irregolare che la sera
dell'8 maggio, alla stazione di Lambrate, ha ferito gravemente a
coltellate il viceispettore della Polizia Christian Di Martino,
che è riuscito a salvarsi grazie all'intervento dei colleghi e a
delicate operazioni chirurgiche ed è stato, poi, dimesso nei
giorni scorsi.
Hamis, difeso dal legale Alfredo Quattrocchi Rosmi Gervasoni,
va, dunque, verso il processo con le accuse, come si legge
nell'avviso di conclusione delle indagini, di tentato omicidio,
resistenza a pubblico ufficiale, lesioni nei confronti di altri
due agenti, porto del coltello (lungo 30 centimetri con lama di
20) e false attestazioni sull'identità, perché in occasione dei
vari controlli delle forze dell'ordine in questi anni si è
presentato con almeno 22 alias diversi.
Nell'atto, poi, figura ora anche la contestazione di lesioni
ai danni di una donna che quella sera venne colpita alla testa
da "sassi" presi "dalla massicciata ferroviaria" e che il 37enne
lanciò dall'alto su una via adiacente alla stazione. E anche
quella di "attentato alla sicurezza dei trasporti", perché
scagliò quelle pietre anche contro "treni in movimento". Infine,
è imputato pure per danneggiamento di un treno regionale che
venne colpito.
Secondo il pm, il 37enne voleva uccidere e il viceispettore
si salvò solo "per il pronto intervento degli altri" poliziotti,
che riuscirono a "disarmarlo", per la "tempestività dei
soccorsi" e per la "estrema abilità del personale sanitario"
dell'ospedale Niguarda. Hamis, davanti al gip Lidia Castellucci
dopo l'arresto, aveva cercato di sostenere la sua versione: "Non
ho visto che erano poliziotti, mi hanno puntato una luce contro
(...) Non volevo fargli male". Ha raccontato anche
nell'interrogatorio che assumeva il Rivotril, ossia delle
benzodiazepine, dal 2003.
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