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Il caso di Gabriele Marchesi, 'Budapest tace sulla condizione delle carceri'

Il caso di Gabriele Marchesi, 'Budapest tace sulla condizione delle carceri'

Pg sul coindagato ai domiciliari in Italia: "Non va consegnato"

MILANO, 30 gennaio 2024, 19:07

di Igor Greganti e Francesca Brunati

ANSACheck

Un 'immagine simbolica della cella di un carcere - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un 'immagine simbolica della cella di un carcere -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Un 'immagine simbolica della cella di un carcere - RIPRODUZIONE RISERVATA

  Per ora sul caso di Gabriele Marchesi, ai domiciliari a Milano e accusato come Ilaria Salis di aver aggredito dei neonazisti a Budapest quasi un anno fa, da parte dell'Ungheria, che ne chiede la consegna, è arrivata solo una "risposta gravemente deficitaria rispetto alle domande dettagliate poste dalla Corte d'Appello", in particolare sulle condizioni detentive nel Paese guidato da Viktor Orban.

    A spiegarlo è il sostituto pg Cuno Tarfusser, che già in aula nei mesi scorsi si è opposto alla consegna del 23enne e che insisterà "nel chiedere che Marchesi non vada in carcere in Ungheria". Per il 13 febbraio è fissata la prossima udienza davanti alla Corte milanese per il giovane antagonista, ai domiciliari da fine novembre in quanto destinatario di un mandato di arresto europeo (era stato arrestato a Milano). Il 23enne è accusato di lesioni nei confronti di alcuni esponenti dell'estrema destra durante una contromanifestazione a Budapest, in concorso con Salis. I giudici hanno più volte rinviato il procedimento in attesa che le autorità ungheresi, come richiesto ai primi di dicembre, fornissero chiarimenti su una decina di quesiti che riguardano le condizioni detentive, lo Stato di diritto e l'indipendenza della magistratura nel Paese.

    Oggi è arrivata a Milano una breve relazione nella quale il ministero della Giustizia ungherese risponde soltanto a poche delle questioni poste dalla Corte, solo a tre, pare. L'Ungheria sostanzialmente elenca una serie di norme per chiarire che è uno Stato di diritto, che contrasta la tortura e che l'imputato ha diritto alla traduzione degli atti. Non ci sono precisazioni sui trattamenti carcerari, non viene indicato in quale penitenziario verrebbe rinchiuso il 23enne, ma alla fine della missiva viene spiegato che su questi punti si esprimeranno gli uffici della "esecuzione penale".

    "A domande molto precise sono state date risposte molto imprecise", ha spiegato Tarfusser, chiarendo, comunque, che il punto è "la mancanza di proporzionalità e ragionevolezza" tra il fatto per come viene contestato e "la prospettiva di pena".

    L'accusa di lesioni, in pratica, è equiparata ad un tentato omicidio in questo caso e prevede una pena che parte dai 5 anni e arriva fino a 16. Per un fatto che nel nostro ordinamento semmai può chiudersi con un patteggiamento a pena sospesa. "La proporzionalità - prosegue - è l'unico principio che può essere il grimaldello per evitare la consegna". E aggiunge: "Non posso certamente essere il 'braccio destro giudiziario' di Orban all'estero. Nel momento in cui - conclude - uno Stato devia da una prospettiva europea comune sui diritti, io magistrato italiano devo tenerne conto". Se per la prossima udienza non saranno ancora arrivate da Budapest tutte le risposte, la Corte potrebbe disporre un nuovo rinvio.

    Nel procedimento su Marchesi, tra l'altro, i legali Eugenio Losco e Mauro Straini, che assistono anche Salis, avevano depositato due lettere della maestra detenuta nella capitale ungherese da quasi un anno. Già in una missiva di ottobre la militante antifascista parlava dei mesi trascorsi in carcere tra scarafaggi, topi e cimici, "abiti sporchi", celle con uno spazio "inferiore a 3,5 metri quadrati" a persona e "malnutrizione". E già raccontava del cinturone di cuoio, del guinzaglio e delle catene usate durante le udienze.

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