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(di Andrea Cittadini)
Saranno le autorità pakistane a
chiarire i lati ancora oscuri sulla morte di Sana Cheema, la
25enne di origini pakistane, cresciuta a Brescia, cittadina
italiana da settembre, deceduta in patria. "Per morte naturale"
secondo alcune ricostruzioni che arrivano dal Pakistan. "Uccisa
dal padre e dal fratello perché rifiutava il matrimonio
combinato", la versione invece di altri rappresentanti della
comunità pakistana in Italia.
"È stata aperta un'inchiesta dalla Procura del distretto dove
la ragazza è morta. In 48 ore sapremo la verità", ha annunciato
Raza Asif, segretario nazionale della comunità pakistana in
Italia intervenuto a Brescia, durante una manifestazione indetta
per chiedere verità sulla morte della giovane che aveva lasciato
il capoluogo lombardo in tutta fretta a novembre. La Farnesina,
a quanto si è appreso in serata, segue la vicenda, e, tramite
l'Ambasciata a Islamabad, è impegnata ad acquisire informazioni
dalle autorità locali per definire le circostanze del caso e
prestare ogni assistenza che dovesse risultare necessaria.
La giovane aveva aperto un'agenzia di pratiche
automobilistiche vicino casa che ha chiuso in tempi rapidi prima
della fine del 2017. Il padre ha lasciato invece l'Italia due
settimane fa e nell' appartamento dove ha la residenza ora vive
un uomo di origine straniera che assicura: "In casa non c'è più
nulla di Sana". I vicini raccontano che il padre della giovane
avrebbe più volte fatto vedere le foto dei possibili mariti per
la figlia.
"Il matrimonio combinato per la figlia poteva essere nei
piani, ma anche su questo dobbiamo capire", ha spiegato Asif.
Dal Pakistan è stato mandato ai connazionali a Brescia un
certificato medico che testimonierebbe come la giovane l'11
aprile scorso avrebbe accusato un malore in strada e per questo
sarebbe stata ricoverata in ospedale. "Al momento la certezza è
che il padre e il fratello di Sana non sono arrestati", ha
aggiunto parlando con la stampa e con la cinquantina di
connazionali presenti. Tutti uomini e nemmeno una donna.
"Il nostro ambasciatore ha detto che dobbiamo far vedere le
donne. Lo faremo", ha tagliato corto il segretario. In attesa di
avere notizie certe, i coetanei di Sana, come lei italiani di
seconda generazione, sono sicuri che la verità non emergerà mai.
"Dicono che è morta di infarto, ma nessuno ci crede. In Pakistan
non c'è giustizia", ha affermato un amico della 25enne che abita
nello stesso quartiere a Brescia. "Il Governo del nostro Paese -
ha detto invece Asif - vuole approfondire la vicenda e capire la
realtà dei fatti anche se non è mai stata fatta alcuna denuncia
sulla morte di Sana".
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