Lo Stato dà risposte insufficienti
agli apparati investigativi che cercano di svelare le nuove
linee strategiche della mafia. Lo sostiene il presidente della
Corte d'appello di Palermo, Matteo Frasca, in un passaggio della
sua relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario.
Pochi mesi fa, ricorda Frasca, era stata pubblicata solo una
parte dei posti vacanti nella Corte di appello, peraltro neppure
coperti e neanche uno di quelli della Procura Generale. Ora nel
bando per gli uffici di primo grado sono stati pubblicati un
solo posto per il Tribunale di Palermo e uno per la Procura
della Repubblica. Per motivare il giudizio di insufficienza di
queste misure Frasca cita Giovanni Falcone che descriveva un
"fenomeno criminale straordinariamente complesso" come quello
della mafia e aveva di fronte una realtà "tutt'altro che statica
e conclusa". Cosa nostra, è il richiamo di Frasca, "non è stata
ancora debellata e conserva un forte radicamento nei territori
del distretto che ne costituiscono l'epicentro, con la
conseguenza che è necessario destinarvi risorse adeguate per
un'efficace azione di contrasto anche in sede giudiziaria".
In linea generale, secondo Frasca, sarebbe necessaria "una
progettualità complessiva e autentica che, però, richiede
un'azione sinergica, una serena cooperazione e un fisiologico
confronto tra i poteri dello Stato".
"Purtroppo - aggiunge - riemerge invece, con esacerbante
ciclicità che spesso prescinde dalle contingenti maggioranze
politiche, una logorante contrapposizione con la politica che
assume le connotazioni e i toni dello scontro istituzionale. Uno
scontro che certamente non è né voluto né alimentato dalla
magistratura, che continua nella intransigente difesa dei
principi costituzionali e nella coerente denuncia pubblica dei
rischi che derivano da questo o quel progetto di riforma o anche
dalla mancata adozione degli interventi necessari".
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