Gli episodi di violenza dichiarati
su operatori sanitari sono stati quasi 400 nell'ultimo anno in
Liguria ma le stime dell'ordine delle professioni
infermieristiche offrono un quadro più preoccupante visto che, a
fronte dei circa 10 mila operatori sanitari, il 30% di loro -
nel 75% dei casi donne - sono stati coinvolti in aggressioni che
in larga parte sono verbali ma che a volte diventano anche
violenze fisiche, che si ripercuotono anche sulla vita privata.
I dati sono emersi durante il convegno organizzato a Palazzo
Tursi dall'Ordine di Genova in occasione della giornata
nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei
confronti del personale sanitario e sociosanitario. «Sono numeri
che continuano a crescere - spiega Alessandro Cataldo,
coordinatore commissione prevenzione violenze - sia a causa del
sovraccarico dei servizi che per le attese che si sono create
con la pandemia. Le persone dopo il Covid sono diventate più
irritabili, accentuando un livello di sfiducia nei confronti dei
servizi della sanità che si è visto sopratutto con l'antagonismo
nei confronti dei vaccini, che ha inasprito i rapporti».
Tra i problemi di maggior tensione c'è anche la difficoltà ad
avere risposte adeguate dal servizio sanitario che si ripercuote
sugli operatori. "Spesso le persone si rivolgono ai pronto
soccorso - spiega - che il più delle volte non è il luogo adatto
per ricevere le risposte. Bisogna lavorare sui servizi
territoriali per riuscire a soddisfare le richieste dei
cittadini". Negli ultimi anni ci sono state norme che hanno
inasprito le pene, e una maggiore repressione di questi
comportamenti, "ma servono anche altri provvedimenti".
"Chiediamo una maggiore attenzione nell'analisi di questi
fenomeni - conclude Cataldo - una razionalizzazione degli
spazi, i nostri pronti soccorso spesso sono angusti e questo
aumenta la tensione da parte degli utenti, oltre a una più
adeguata informazione dei servizi che si possono offrire".
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