Si offrivano per stendere asfalto
su strade private, piccoli piazzali, per cifre molto al di sotto
del prezzo di mercato, sostenendo che si trattava di asfalto
residuo di altri lavori. In realtà, però, non si trattava del
normale materiale utilizzato nelle riparazioni stradali ma di un
particolare bitume, colloso, prodotto autonomamente di qualità
molto scarsa, che si sfaldava pochi giorni dopo la stesa. A
proporlo era un gruppo di zingari irlandesi appartenenti ai
cosiddetti "pavee" (in irlandese "an lucht siúil" e in inglese
"Irish Travellers" o "Tinkers") nomadi dai capelli biondi e
occhi azzurri che hanno attraversato l'Italia a bordo di camper
da Nord a Roma.
Nel loro viaggio hanno eseguito decine di questi lavori
seminando scarsissimo bitume ai quali sono seguiti relative
denunce. Ora la Corte di Appello di Firenze ha unificato ben 22
casi avvenuti nella sola Toscana (ma se ne registrano altri nel
Lazio e anche in altre regioni). Sono casi che seguono a
condanne per truffa in primo grado emesse dal Tribunale di
Grosseto nel 2020 i cui protagonisti dovranno comparire davanti
ai giudici fiorentini il tre ottobre. Con i due fratelli inglesi
Quilligan, tipico cognome pavee, dovranno presentarsi altri due
uomini che operavano con loro, di cittadinanza rumena e lituana.
Spacciandosi per dipendenti di una azienda inglese si
presentavano con una specie di betoniera in camping o in aree
private offrendosi per asfaltare un cortile o una piazzola.
"La nostra tesi è che non esiste reato, al di più una
responsabilità contrattuale: le parti offese non potevano certo
pensare di pretendere opere edili a regola d'arte da un gruppo
di nomadi con camper", commenta l'avvocato Alexandro Tirelli,
direttore dell'Alta scuola estradizioni delle Camere penali
internazionali.
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