L'Udinese Calcio ha reso noto che,
"dopo un'accurata analisi degli atti ricevuti in giornata", ha
deciso di presentare reclamo alla Corte Sportiva d'Appello
Nazionale FIGC contro la decisione del Giudice Sportivo della
Lega Serie A di sanzionare il club con una gara interna da
disputarsi a porte chiuse in seguito agli episodi verificatisi
nel corso della partita contro il Milan. "Abbiamo riflettuto a
lungo nella giornata di oggi sul presentare reclamo o meno - ha
spiegato il Direttore Generale Franco Collavino - Dopo una
lettura scrupolosa degli atti, però, abbiamo maturato la
consapevolezza di dover procedere in tal senso per salvaguardare
la reputazione del nostro club, storicamente multietnico, e
l'impegno dimostrato nel perseguire i colpevoli e contro le
discriminazioni. Al tempo stesso - ha proseguito il d.g. -
vogliamo tutelare anche la nostra gente, tradizionalmente
corretta, ingiustamente pregiudicata da un provvedimento che
colpisce l'intera tifoseria a fronte di inqualificabili
comportamenti di pochi". La società ha ribadito che "da anni,
crede nel tifo sano" ricordando di aver "investito per primi
nella sperimentazione di tecnologie per il riconoscimento
facciale, testate al Bluenergy Stadium in occasione della finale
degli Europei Under 21 2019, che aiuterebbero i veri tifosi a
non essere lesi da condotte individuali illecite". L'Udinese
Calcio ha inoltre confermato di aver bandito a vita dal
Bluenergy Stadium anche le quattro persone individuate dalla
Questura come responsabili degli insulti, oltre alla quinta
persona di ieri. La Polizia di Udine ha infatti individuato
altri 4 soggetti indiziati di avere proferito invettive a sfondo
razzista, come ululati o le parole "negro" e "scimmia" nei
confronti del portiere del Milan, Mike Maignan. Si tratta di due
uomini e una donna di 45, 32 e 34 anni della provincia di Udine,
e di un uomo di 42 di Udine, tutti deferiti in stato di libertà
alla Procura che sta coordinando le attività di indagine. Il
Questore Alfredo D'Agostino ha emesso nei loro confronti un
Daspo di 5 anni, cioè la misura massima prevista trattandosi di
soggetti non recidivi.
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