(di Francesco De Filippo)
Per ben due volte la
Sottosegretaria al ministero delle Imprese e del Made in Italy
Fausta Bergamotto ha chiesto ai vertici della Wartsila di
prorogare gli accordi del 29 novembre 2022, ammortizzatori
sociali che scadranno il 31 dicembre prossimo. La prima volta
per ulteriori 12 mesi, la seconda solo per sei. L'azienda, però,
dopo vari confronti, si è dimostrata inamovibile: tre mesi ha
detto sin dall' inizio e tre mesi ha confermato. Al tavolo del
Mimit riunitosi stamani, questa indisponibilità a negoziare ha
causato una forte irritazione di tutte le altre parti presenti:
Regione, Confindustria, sindacati, altre aziende.
Anche perché la posizione della multinazionale finlandese
appare immotivata e antieconomica: gli ammortizzatori sociali
sono per la maggior parte a carico dello Stato, mentre l'avvio
di una procedura di licenziamento sarebbe onerosa e lunga: sei
mesi di paga piena per tutti, con le incognite di un territorio
coeso. Come ha detto l'assessora regionale al Lavoro Alessia
Rosolen, da sempre protagonista nella vertenza, "se Wärtsilä
deciderà di riaprire la procedura per la cessazione di attività,
le Istituzioni, assieme alle Parti sociali, eserciteranno fino
in fondo le proprie prerogative", tutti insieme, come è dal 14
luglio 2022. L'accusa che muove è una scudisciata: "Un
comportamento che denota una totale mancanza di responsabilità
sociale". Un comportamento che ricompatta anche le diverse anime
politiche: la parlamentare dem Debora Serracchiani, ex
presidente Fvg e che segue la vicenda, è convinta che la società
voglia lasciare "terra bruciata" dietro di se.
L'incontro avrebbe dovuto stabilire una proroga per
consentire a tutti gli attori di lavorare alla stesura di un
Accordo di programma perché nei mesi prossimi si arrivi a un
piano di reindustrializzazione del sito. Invece alla fine il
governo ha tirato dritto e dichiarato che l'Accordo si farà lo
stesso, con o senza Wartsila. Quest'ultima ha reagito male e,
come evidenzia la Uilm-Uil per bocca del segretario triestino,
Antonio Rodà, "con l'atteggiamento assunto diventa evidente che
non sono più a rischio 300 posti di lavoro ma 1000", cioè
l'intero insediamento industriale. La Uilm spara a palle
incatenate: interviene anche Guglielmo Gambardella, Segretario
nazionale, che, definendo "inaccettabile" la posizione
dell'azienda, invita questa a tornare sui suoi passi. In caso
contrario, "il governo intervenga con ogni strumento".
La buona notizia è che Ansaldo Energia, presente con l'a.d.
Fabrizio Fabbri, ha confermato l'interesse per il sito; ed è
anche riapparsa la Mitsubishi: lo stesso Fabbri ha precisato che
con il colosso giapponese c'è stato un fraintendimento ma che
questo è ancora interessato a sviluppare sinergie su Trieste. Il
piano di Ansaldo porterebbe al 2030 una forza lavoro di 170
persone su varie attività che, con la presenza di Mitsubishi,
potrebbero arrivare a 235. Ansaldo ha ribadito la serietà e la
convinzione nel progetto, da sviluppare nell'ambito di una valle
dell'idrogeno, con elettrolizzatori per idrogeno, appunto.
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