Un tempo era il ritrovo della
milanesità più verace. Oggi l'Antica Osteria Cavallini di via
Mauro Macchi 2 marca il segno dei tempi, del ruolo centrale e
poliedrico della città come punto di incontro di cucine, che
insieme, costruiscono quel ponte tra memoria e futuro fatto di
un'Italia che si ritrova "nel piatto della capitale lombarda".
Carpaccio di Chianina a fianco dei gamberi di Mazara del Vallo,
con una puntata in Valtellina da cui proviene la bresaola di Giò
Porro: e al centro, ovviamente, ancora il risotto giallo con
pistilli di zafferano e Parmigiano Reggiano invecchiato 36 mesi,
ma anche uno dei piatti-firma del ristorante, come i tagliolini
"Cavallini" nella combo golosa di tartufo nero e profumo di
acciughe.
Insomma, pronti-via con un giro d'Italia che inizia a tavola
percorrendo la direttrice nord-sud, isole comprese. Milano
riappare poderosa anche con l'ossobuco (proposto con il risotto
o con il purè) e con la canonica cotoletta con l'osso di regola.
Ma, ancora in altalena tra classico e contemporaneo, su
quest'ultimo versante c'è attenzione per le nuove filosofie del
mondo carnivoro, in particolare per la sashi finlandese resa in
Fiorentina e con 30 giorni di dry-age.
90 anni vissuti al passo coi tempi, quindi, dall'apertura che
rimanda al lontano 1934 (lo chef Settimo Cavallini e la moglie
Adele aprirono la vigilia di Natale di quell'anno, reduci da
un'esperienza in Francia). A continuare la tradizione fu poi il
figlio Carlo, cui succedette Settimio (stesso nome del nonno)
che passò poi il testimone a Joseph Gaphios. Con un'attenta
ristrutturazione, il locale ha conservato l'atmosfera dei
bistrot dei primi del '900, e ha enfatizzato i raffinati
dettagli déco che lo caratterizzano. Ci si può imbattere in
eleganti sospensioni a forma di boules, appliques a foglia e
persino una vecchia cabina telefonica in bachelite nera. Il
pavimento, decorato con piastrelle bianche e nere, dona
ulteriore fascino all'ambiente.
Ma la vera attrazione del locale è un ampio giardino
d'inverno, dotato di un tetto mobile che si apre e si chiude a
seconda delle condizioni atmosferiche. Ciò che lo rende unico a
Milano è il riscaldamento a pavimento, che consente di godere di
questo spazio tutto l'anno. Questo giardino d'inverno, con la
sua cascata di piante verdi e luci, richiama le serre del tardo
1800.
Oggi uno dei punti forti è proprio il suggestivo il giardino
interno, ornato da orchidee colorate, gardenie e piante di
limoni che ricreano un'atmosfera accogliente e regalano un po'
di verde in pieno centro a Milano, riprendendo il tema del
giardino all'italiana. Da non perdere, tra i loro dolci, lo
zabaione sifonato freddo, con una base di moscato di
Pantelleria, nato dieci anni fa dalla collaborazione a quattro
mani tra Claudio Sadler e Silvano Allambra. Viene servito
accompagnato da lingue di gatto fatte in casa.
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