- - Si torna in mare a scartamento ridotto, ma non dappertutto e con modalità diverse da zona e zona. Questo, pur mantenendolo lo stato di agitazione iniziato la settimana scorsa in modo autonomo in tutte le marinerie.
Pescare meno per sopravvivere all'emergenza energetica è la motivazione di questa decisione, dopo la serrata che ha visto da nord a sud fermarsi in porto moltissime imbarcazioni contro i costi del carburante aumentati di quasi il 100% rispetto solo a qualche mese fa. A delineare all'ANSA lo scenario è la Fedagripesca-Confcooperative, precisando che in Adriatico, almeno fino alla Romagna, i pescatori tornano in mare due giorni a settimana scaglionati. Nel Tirreno, invece, sono ancora tutti in porto per le prossime 24/48 ore, ma anche qui si prefigura uno scenario simile per ridurre i consumi di carburante. "Proseguire senza lavorare è insostenibile", spiegano da Fedagripesca, "bisogna trovare strategie per non rendere antieconomica l'uscita di pesca, il settore sta provando a reagire dimostrando ancora una volta la propria resilienza anche se non c'è più tempo per tamponare una situazione al limite della sostenibilità". Come nel pieno della pandemia, molti pescatori stanno optando per la riduzione delle giornate di lavoro ma questa, avverte Fedagripesca, è una soluzione tampone per affrontare un'emergenza dove l'aspetto speculativo pesa molto.
Quanto al pesce fresco che si trova sui banchi in questi giorni, Fedagripesca spiega che è di allevamento o di piccola pesca o di importazione. E se i molluschi ci sono, i crostacei invece possono essere congelati ancorché italiani, anche perché se si deve somministrare crudi vanno comunque abbattuti. I ristoratori avveduti hanno fatto scorta la settimana scorsa perché c'era già aria di protesta.
Resta ovviamente il problema dei prezzi con un trend in netto aumento: del +30% all'ingrosso che possono arrivare anche ad +50% in pescheria o al ristorante.
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