Le impronte digitali che disegnano i polpastrelli di una persona sono più simili fra loro di quanto ritenuto finora: lo dimostra uno studio condotto grazie all'intelligenza artificiale dai ricercatori della Columbia University negli Stati Uniti. I risultati, pubblicati sulla rivista Science Advances, potrebbero migliorare l'accuratezza delle indagini scientifiche sulle scene del crimine e anche le tecniche di autenticazione digitale usate ad esempio per sbloccare gli smartphone.
La scienza forense e la maggior parte delle tecnologie che sfruttano le impronte digitali si basano sul presupposto che non esistano due impronte digitali uguali, neppure nello stesso individuo. Di conseguenza, le impronte non risultano utili nelle situazioni in cui quelle rilevate (ad esempio sulla scena di un delitto) appartengono a dita diverse da quelle registrate.
I ricercatori guidati da Gabriel Guo hanno provato ad aggirare questo limite andando a esaminare alcune caratteristiche delle impronte che non erano state considerate finora: lo hanno fatto analizzando oltre mezzo milione di immagini grazie all'ausilio di una rete neurale artificiale. Hanno così scoperto che le impronte digitali di diverse dita della stessa persona sono estremamente simili, in particolare per quanto riguarda l’orientamento delle creste vicino al centro delle impronte.
In una simulazione, l'applicazione di questo nuovo metodo ha ridotto il numero di indizi (o falsi positivi) necessari per un’indagine delle forze dell’ordine di oltre un ordine di grandezza.
"Speriamo che queste informazioni aggiuntive possano aiutare a dare priorità alle piste quando esistono diverse possibilità, a scagionare sospetti innocenti o persino aiutare a creare nuove piste per casi irrisolti", concludono i ricercatori.
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