Assumere le sembianze di un personaggio onnipotente nella realtà virtuale aumenta l’autostima e rende più forti anche nel mondo reale, migliorando la percezione delle proprie abilità fisiche e delle proprie capacità di superare le difficoltà: la scoperta è di un gruppo di ricercatori italiani dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma e l’Ospedale Irccs Fondazione Santa Lucia. Lo studio,
pubblicato sulla rivista Scientific Reports, apre ad applicazioni nel campo della crescita personale, del potenziamento dell’autostima, della riabilitazione clinica e anche della terapia del dolore.
Un momento dell'esperimento condotto ll'Iit (Fonte: Istituto Italiano di Tecnologia - © IIT)
Studi condotti negli anni passati avevano già dimostrato che particolari caratteristiche fisiche degli avatar, i personaggi virtuali, possono influenzare le percezioni e i comportamenti di coloro che li impersonano, un fenomeno definito ‘Effetto Proteo’. Partendo da queste osservazioni, i ricercatori guidati coordinati da Althea Frisanco e Salvatore Maria Aglioti hanno reclutato un gruppo di 54 volontari. ““Nonostante i partecipanti fossero consapevoli di essere in una simulazione, mostravano indici fisiologici e comportamentali che - osserva Althea Frisanco, prima autrice dello studio - suggerivano la loro sensazione di potenziamento, derivato dall’impersonare un essere comunemente ritenuto onnipotente”. hanno reclutato un gruppo di 54 volontari, ognuno dei quali ha assunto le sembianze di tre avatar diversi: uno normale, uno muscoloso e uno onnipotente, ispirato alla rappresentazione di Dio presente nell’affresco di Michelangelo ‘La creazione degli astri e delle piante’ nella Cappella Sistina.
I risultati mostrano che i partecipanti che impersonavano l’avatar onnipotente percepivano come meno minacciosi per la propria incolumità gli eventi avversi e aumentavano la loro considerazione delle proprie capacità fisiche, anche rispetto all’avatar muscoloso. “Nonostante i partecipanti fossero consapevoli di essere in una simulazione – spiega Frisanco – mostravano indici fisiologici e comportamentali che suggerivano la loro sensazione di potenziamento, derivato dall’impersonare un essere comunemente ritenuto onnipotente”.
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