È pronto il nanosensore che riesce a individuare le metastasi del tumore alla tiroide: sfruttando la luce laser e minuscole sfere d’oro che ne potenziano la sensibilità, riesce a indivuduarle in modo affidabile rievando la presenza di un’unica proteina. Lo hanno messo a punto ricercatori di tre Istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli e delle Università del Sannio e Federico II di Napoli. Lo studio, pubblicato sulla rivista Biosensors and Bioelectronics, utilizza una tecnica che ha un enorme potenziale nella realizzazione di sensori biologici e che potrebbe essere estesa anche ad altre forme di tumore, facilitando la diagnosi e l’individuazione dei trattamenti più efficaci.
Il nuovo nanosensore riesce a identificare e misurare la presenza di una particolare proteina, la tireoglobulina, nelle biopsie su linfonodi sospetti. La tireoglobulina, infatti, in condizioni normali si trova esclusivamente nella tiroide e la sua identificazione nei linfonodi è, quindi, indicativa della presenza di metastasi. Ad rilevare questa proteina richiede l’impiego di apparecchiature e metodi complessi, che non danno risultati in tempi immediati e che non possono essere utilizzati in sala operatoria.
Per questo motivo, i ricercatori guidati da Sara Spaziani, dell’Università del Sannio, hanno sviluppato un sensore in fibra ottica, direttamente utilizzabile in sala operatoria e minimamente invasivo. Il dispositivo sfrutta la diffusione della luce laser e consente l’identificazione della tireoglobulina grazie all’analisi del colore della luce che essa riflette. Questo tipo di segnale, tuttavia, è molto debole Per questo gli autori dello studio hanno aggiunto al biosensore delle nanosfere ricoperte d’oro, che riescono ad amplificare il segnale anche a bassissime concentrazioni della proteina. Il nanosensore, inoltre, può essere realizzato sia su chip che su fibra ottica, e quindi potrebbe essere utilizzato anche direttamente all’interno dell’ago usato per il prelievo del campione.
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