"Le neuroscienze sono per la
conoscenza di come funziona il cervello umano, di come questo
impatta sul nostro invecchiamento, come interagisce con le
patologie neurologiche, che diventano sempre più incidenti
perché invecchiamo di più". E' questo il punto di partenza che
spiega Fabrizio Esposito, dell'Università della Campania Luigi
Vanvitelli, sulle ampie ricerche di neurologia in Italia che
stanno procedendo con il progetto "Mnesys" il "Cern italiano
della ricerca sul cervello", finanziato dal Pnrr con uno
stanziamento di 115 milioni di euro. Mnesys comprende oltre 200
progetti e 500 scienziati di 25 fra atenei pubblici e privati,
enti di ricerca e imprese ed è stato presentato oggi a Napoli al
"Primo Forum Nazionale Delle Neuroscienze". Protagonisti i
neurologi di tutta Italia con una forte presenza campana, come
spiega Esposito: "Abbiamo un ruolo di coordinamento nazionale -
afferma - a livello scientifico, infatti dagli atenei della
Campania coordiniamo altri 16 enti sul territorio nazionale e
inoltre siamo stati attuatori di bandi a cascata che punteranno
a partire dai prossimi settimane ad annoverare ulteriori altri
12 enti di ricerca, atenei importanti come la Sapienza di Roma,
che saranno finanziati a cascata da noi per integrare le loro
ricerche sul progetto centrale che coordiniamo, sulla plasticità
neuronale del cervello, un concetto complesso che si applica
alle neuroscienze".
Coordinare i singoli studi e cercare al meglio le strade da
condividere per trovare le risposte neurologiche del vicino
futuro, è questo "l'obiettivo - spiega Esposito, professore
della chirurgia di precisione e avanzata - per migliorare le
tecnologie per lo studio del cervello, che è l'unico organo del
corpo umano che non è mai uguale a se stesso e infatti noi
usiamo tantissimi strumenti per ascoltarlo, per cercare di
cogliere le sue variazioni. Perché cambia proprio
strutturalmente, funzionalmente nella sua parte molecolare, non
è un organo che ha una configurazione identica, ma cambia
continuamente. Questo rende molto difficile studiarlo e per
farlo bisogna anche prendere in considerazione l'influenza
esterna sui cambiamenti, se cambia l'ambiente in cui vive una
persona, se cambiano le condizioni con cui ci poniamo di fronte
al mondo esterno. Certe condizioni possono portare singolarmente
a uno stato di maggiore o di minore rischio per il cervello, per
questo è preziosa la joint venture fra tutti i ricercatori
italiani per fare dei passi avanti su questo settore di studio".
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