Alla vigilia degli Oscar i nativi americani della Osage Nation rendono omaggio a Killers of the Flower Moon. Superando le polemiche all'interno delle comunità indigene su chi ha il diritto di raccontare la loro storia, l'Osage Nation Congress ha onorato il contributo creativo di Lily Gladstone e Scott George al film diretto da Martin Scorsese arrivato in finale domenica prossima con 10 nomination, tre di meno rispetto al frontrunner Oppenheimer.
L'organismo di governo della tribù è composto da 12 membri della tribù dell'Oklahoma che all'inizio del Novecento fu al centro di una serie di omicidi innescati dall'avidità dei bianchi e che inizialmente vennero archiviati come morti accidentali.
Gladstone, candidata come migliore attrice protagonista, è la prima nativa-americana ad essere arrivata in finale: se domenica dovesse vincere contro la favorita Emma Stone di Povere Creature! sarebbe un momento storico. Cresciuta nella riserva dei Piedi Neri in Montana, Lily nel film ha la parte di Mollie Burkhart, la moglie (o come la chiamano i bianchi, 'coperta') Osage di un uomo (Leonardo DiCaprio) coinvolto nello schema architettato da suo zio (Robert De Niro) per rubare agli indigeni i diritti sul petrolio. Lily recita in Osage e in inglese e ha rivelato di essersi trovata più a suo agio interpretando il ruolo di Mollie nella lingua dei nativi.
Scott George è un Osage per discendenza: ha composto il brano candidato come miglior canzone originale Wahzhazhe (A Song For My People) con cui si chiude il film. Domenica se la dovrà vedere con nomi del calibro di Billie Eilish, Mark Ronson, Diane Warren e Jon Batiste. Anche nel suo caso la nomination ha fatto la storia: mai c'era stato prima d'ora un nativo candidato per la musica.
"Siamo orgogliosi di sostenere Lily, Scott e quanti altri hanno instancabilmente lavorato per raccontare la nostra storia con rispetto, attenzione e autenticità", si legge nella risoluzione approvata all'unanimità dal parlamento degli Osage.
Tra questi un riconoscimento speciale è andato a Chad Renfro, un interior designer di etnia Osage, che, pur non avendo un background nel cinema, si era adoperato per entrare nella troupe come consulente una volta appreso che Scorsese aveva comprato i diritti del bestseller del giornalista David Grann sugli omicidi.
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