In Italia il 13% dei laureati arriva
da università telematiche. Sviluppatesi dal 2003, hanno avuto un
buon successo soprattutto presso chi ha bisogno di un titolo di
studio universitario e lavora. Sono partiti da questa premessa
Marco Bassani, professore di storia delle dottrine politiche
dell'Università telematica Pegaso e Carlo Lottieri professore
associato di filosofia del diritto presso il Dipartimento di
Scienze giuridiche di Verona, che hanno organizzato il convegno
"Università tradizionali e telematiche. Perché una guerra non ha
senso", in corso alla Camera.
Negli anni del Covid - è stato detto durante il convegno - si
è registrato un + 410 per cento delle immatricolazioni alle
telematiche "e questo deve fare riflettere". "L'Italia ha un
numero bassissimo di laureati, è penultima in UE prima solo
della Romania e le telematiche allargano la platea sia di chi è
sotto i 25 anni sia degli studenti - lavoratori. In un mondo che
cambia velocemente bisogna andare ad una liberalizzazione che
permetta ad ognuno di dare il meglio", hanno affermato i due
docenti. Secondo i quali "il conflitto tra università
telematiche e tradizionali è paradossale dopo che per almeno due
anni accademici, a causa della pandemia, anche le università
tradizionali sono state costrette ad adottare tecnologie per
l'insegnamento a distanza. Hanno potuto dunque misurarne le
differenze rispetto alle loro metodologie: ne hanno potuto
comprendere i limiti ma anche le grandi potenzialità".
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