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Responsabilità editoriale di ASviS
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La salute mentale è parte integrante del benessere generale delle persone, è alla base di relazioni sane e della produttività lavorativa, ossia promuove lo sviluppo sociale ed economico di un Paese. Tuttavia, è un settore della salute pubblica in cui sono presenti lacune e squilibri, secondo quanto emerge dal rapporto “World mental health report. Transforming mental health for all” dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), diffuso il 16 giugno di quest’anno, che fa il punto sullo scenario globale e propone soluzioni alle criticità nel settore, uno dei più trascurati della salute pubblica - si legge nel report -, a cui va in media solo il 2% del bilancio sanitario dei Paesi.
Diffusione e impatto dei disturbi mentali. I disturbi mentali, che rappresentano a livello globale la principale causa di anni vissuti con disabilità, nel 2019 hanno colpito 970 milioni di persone, di cui l’82% nei Paesi a reddito medio-basso. I disturbi più diffusi, nello stesso anno, erano l’ansia (31%) e quelli depressivi (28,9%), che in seguito alla pandemia di Covid-19 hanno registrato un aumento rispettivamente del 26% e del 28%.
Tra le persone colpite da disagi mentali si registrano tassi di mortalità “sproporzionatamente” più elevati rispetto alla popolazione generale, riferisce il Rapporto. La schizofrenia e il disturbo bipolare, ossia le condizioni più gravi, causano morte prematura da 10 a 20 anni prima. Ma in questi casi, precisa l’Oms, il decesso è dovuto spesso a malattie prevenibili, in particolare respiratorie, cardiovascolari e infezioni, molto comuni nelle persone che vivono con un disturbo mentale.
Nel 2019, il 14% dei giovani in tutto il mondo, tra i 10 e i 19 anni, è stato affetto da disturbi mentali. Il suicidio è la principale causa di morte tra i giovani e più della metà degli eventi avviene prima dei 50 anni, quindi in piena età lavorativa. Nel 2019 il 77% di tutti i suicidi si è verificato nei Paesi a reddito medio-basso, dove vive la maggior parte della popolazione mondiale, ma è nei Paesi a reddito alto che si registra il più alto tasso di suicidi.
Lacune e squilibri nella salute mentale. Nel 2019 si stima una persona su otto con disagio mentale, di queste il 71% non ha ricevuto servizi di assistenza. Per quel che riguarda i medicinali essenziali (psicotropi), nei Paesi sono presenti disuguaglianze nella disponibilità, nel prezzo e nell’accessibilità. Negli Stati a basso-medio reddito le persone spesso finiscono per pagarli di tasca propria, aggravando la propria condizione economica. Sul fronte della forza lavoro, il divario in base alla condizione socioeconomica dei Paesi è piuttosto marcato: quelli a basso reddito registrano meno di un operatore sanitario di salute mentale per 100mila abitanti, rispetto ai 60 dei Paesi ad alto reddito.
A livello globale, i servizi di assistenza non coprono l’intero spettro dei bisogni delle persone con un disturbo mentale. Non occorrono solo farmaci, serve anche supporto sociale, inclusi alloggio, occupazione, istruzione e supporto legale. Nel 2020 meno del 45% dei Paesi ha riferito di aver fornito uno di questi tipi di servizio e solo il 24% dei Paesi ha dichiarato di averli forniti tutti.
Il Rapporto segnala, inoltre, che quando i servizi sono disponibili, spesso le persone rinunciano a chiedere aiuto a causa di diversi fattori, tra i principali lo stigma e la discriminazione che deriva dall’accesso ai servizi di salute mentale, i costi, la posizione, la qualità, il trattamento negli ospedali psichiatrici e la scarsa conoscenza della salute mentale.
Inoltre, il Rapporto ricorda che la salute fisica e quella mentale delle persone sono strettamente connesse, (basti pensare ai casi di consumo di tabacco, alcol e alimenti non salutari legati alle condizioni mentali). Un approccio integrato anche nella cura garantisce un monitoraggio completo della salute e riduce il rischio di mancata diagnosi delle malattie curabili.
Infine, secondo i dati disponibili al 2021, l’86% dei Paesi membri dell’Oms ha riferito di avere una politica o un piano per la salute mentale in atto, a sé stanti o integrati in politiche o piani generali per la salute. Tuttavia, solo la metà era conforme agli strumenti sui diritti umani. Pochi Paesi ne hanno monitorato efficacemente l’attuazione, di cui un quarto ha dichiarato di non aver alcun indicatore utile allo scopo.
In sintesi, questa è la situazione della salute mentale nell’ambito della salute pubblica, che ha spinto L’Oms a sollecitare un’“urgente” e “indiscutibile” trasformazione nei Paesi membri, che tenga conto delle esigenze specifiche nazionali. Il cambiamento richiede un approccio multisettoriale, poiché i fattori che influiscono sulla salute mentale sono presenti in ambito sociale, economico e ambientale, e come mostra il grafico l’esposizione è a livello individuale, familiare, comunitario e strutturale.
Tra le minacce strutturali o globali per la salute mentale occorre segnalare la crescente crisi climatica, il cui impatto sulla salute psicofisica e sugli altri fattori di rischio è sempre più supportato da evidenze. Tanto che nel documento “Mental health and climate change. Policy brief” diffuso il 3 giugno, l’Oms raccomanda, tra l’altro, l’integrazione del cambiamento climatico nei programmi e nei piani di salute mentale e interventi che riducano la vulnerabilità delle comunità, in particolare quelle più esposte.
Le azioni per la trasformazione. Nel “World mental health report” l’Oms individua tre percorsi interconnessi per migliorare la salute mentale nel mondo.
Mettere in atto le azioni trasformative proposte dall’Oms può contribuire, si legge nel Rapporto, ad accelerare i progressi nell’attuazione del “Piano d’azione globale per la salute mentale 2013-2030” con cui i Paesi membri dell’Oms si sono impegnati a raggiungere gli obiettivi per una migliore salute mentale per tutti, entro il 2030, puntando anche sulla governance, nella prevenzione e nell’assistenza sanitaria comunitaria.
Scarica il Rapporto Oms sulla salute mentale
di Antonella Zisa
Responsabilità editoriale di ASviS
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