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Ricostruite le cause dell’eruzione di Pompei, dopo 2000 anni

Ricostruite le cause dell’eruzione di Pompei, dopo 2000 anni

L’attivazione del Vesuvio è durata secoli, studio italiano

03 luglio 2023, 12:09

Benedetta Bianco

ANSACheck

Rappresentazione artistica dell 'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. a Pompei (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Rappresentazione artistica dell 'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.  a Pompei (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Rappresentazione artistica dell 'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. a Pompei (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA

A quasi 2000 anni dall’eruzione che distrusse gran parte del territorio vesuviano e delle sue città, sono stati ricostruiti gli eventi che l’hanno preceduta, descrivendo in che modo la camera magmatica che ha generato l’eruzione del 79 d.C. si sia accresciuta nel corso dei secoli, fino a deformare in maniera evidente il suolo di una vasta area, come testimoniato da numerosi documenti storici e dati geologici. Lo studio, pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment, è stato condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli e l’Università del Molise.

L’attività vulcanica del Vesuvio nei secoli precedenti l’eruzione è stata caratterizzata da una lunga fase di riattivazione, gettando le basi per la fase preparatoria dell’eruzione in senso stretto. “In particolare, nei secoli precedenti l’eruzione del 79 d.C., il territorio intorno al Vesuvio ha subito un sollevamento significativo accompagnato anche da eventi sismici e da degassamento – spiega Domenico Doronzo dell’Ingv, che ha guidato lo studio – tutti fenomeni connessi alla ricarica del magma in profondità”.

La ricerca è stata poi comparata con altri casi, sia passati che contemporanei, di riattivazione di vulcani di tutto il mondo mettendo in evidenza che, sebbene le fasi preparatorie possano durare anche secoli, il passaggio alla fase eruttiva irreversibile potrebbe avere tempi molto più brevi. “Una diretta implicazione - aggiunge Elisa Trasatti dell’Ingv, co-autrice della ricerca - è che il monitoraggio di una singola manifestazione dell’attività vulcanica, come ad esempio le sole deformazioni del suolo, potrebbe non essere sufficiente per prevedere un’imminente eruzione vulcanica”.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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