/ricerca/ansait/search.shtml?tag=
Mostra meno

Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Epatite B cronica, una molecola riattiva le difese

Epatite B cronica, una molecola riattiva le difese

Una scoperta italiana apre la strada a nuove cure

03 ottobre 2019, 17:36

Redazione ANSA

ANSACheck

E ' possibile riattivare le difese immunitarie contro il virus dell 'epatite B cronica (fonte: M. Iannacone, P. Montuschi ) - RIPRODUZIONE RISERVATA

E ' possibile riattivare le difese immunitarie contro il virus dell 'epatite B cronica (fonte: M. Iannacone, P. Montuschi ) - RIPRODUZIONE RISERVATA
E ' possibile riattivare le difese immunitarie contro il virus dell 'epatite B cronica (fonte: M. Iannacone, P. Montuschi ) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Individuata una molecola che permette di riattivare le difese contro il virus dell'epatite B cronica: è l'interleuchina-2, un 'messaggero' del sistema immunitario che potrebbe diventare l'apripista per una nuova generazione di farmaci contro questa infezione che nel mondo colpisce più di 250 milioni di persone, risultando tra i primi fattori di rischio per il cancro del fegato. La scoperta è pubblicata su Nature dai ricercatori dell'Irccs Ospedale San Raffaele e dell'Università Vita-Salute San Raffaele, grazie al supporto del Consiglio europeo della ricerca (Erc), della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e della Fondazione Armenise-Harvard.

A guidare lo studio è stato l'immunologo Matteo Iannacone, rientrato in Italia dagli Stati Uniti proprio grazie al Career Development Award della Fondazione Armenise-Harvard. A lui si deve la tecnica di microscopia in vivo (chiamata microscopia intravitale) che ha permesso ai ricercatori di osservare 'in diretta', nei topi, l'azione di speciali cellule del sistema immunitario (i linfociti T) che hanno il compito di attaccare il virus dell'epatite B. Hanno così scoperto che queste cellule sono disfunzionali fin dalla loro attivazione, che avviene per contatto diretto con le cellule infette del fegato.

Attraverso l'analisi dell'espressione genica dei linfociti, è stato possibile tracciare una sorta di ritratto dettagliato del loro stato molecolare, che ha fornito ai ricercatori moltissime informazioni. "La prima è che la scarsa capacità di reazione dei linfociti al virus dell'epatite B è diversa da quella che si osserva in presenza di altri virus o di cellule tumorali", spiega Iannacone. Ciò significa che i farmaci somministrati in quei contesti per riattivare il sistema immunitario potrebbero non funzionare bene per l'epatite B cronica. La caratterizzazione dei linfociti T disfunzionali ha anche permesso di identificare molecole più adatte ed efficaci a risvegliarli. Tra queste c'è l'interleuchina-2, già sperimentata con successo sia in vitro, su cellule di pazienti, sia nel modello animale.

 

 

 

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza