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Le pietre dell'antica Altino nascoste nei palazzi a Venezia

Le pietre dell'antica Altino nascoste nei palazzi a Venezia

Una mostra al museo di San Teodoro ne ricostruisce la storia

VENEZIA, 27 marzo 2024, 17:17

Redazione ANSA

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(di Andrea Merola) Chissà come ci resterebbe il povero decurione Lucius Acilius, che, in vita (come da iscrizione), tanto spese per il magnifico monumento sepolcrale per sé e i suoi cari, se lo vedesse ora, smembrato, l'altare diviso a metà ad ornare l'ingresso e l'imponente urna quadrangolare a cassetta scavata, divenutra fonte battesimale nella basilica dei Santi Maria e Donato, a Murano. Nella Venezia odierna, del resto, non è l'unico esempio di come le pietre dell'antica città romana di Altino siano state riutilizzate, e spuntino tuttora dai materiali con cui furono stati eretti palazzi e colonnati. Quando fu abbandonata, perché insicura, gran parte delle sue pietre e marmi furono riutilizzati per costruire altri insediamenti sicuri, tra cui Torcello e Venezia.
    Tracce di questi marmi sono ancora visibili, anche in itinerari principali, della Venezia dei nostri giorni (per lo più lastre tombali) e costituiscono basamenti lapidei a sostegno di palazzi costruiti in età medioevale. Una mostra, allestita nella sala del museo di San Teodoro, visitabile in queste settimane, ripropone lo studio del dipartimento di archeologia dell'Università di Padova. Ad altri personaggi di Altino, toccò minor fama, rispetto a Lucius Acilius; come al cavaliere della legione VIII Augusta, Cnaeus Numerius Fronto, la cui lastra tombale fa da pietra angolare al basamento del campanile di San Vidal; o allo sconosciuto legionario gallico, un frammento di stele della cui tomba è stato reimpiegato come stipite di una finestra in una casa moderna, sempre a San Vidal. "Altino per secoli è servita come cava per materiali di costruzione per i Veneziani - spiega Margherita Tirelli, co-autrice della bella mostra itinerante "Altino prima di Venezia", ideata dall'associazione La Carta di Altino. Infatti, sul finire del VII secolo, Altino sarà definitivamente abbandonata dai suoi abitanti; la linea di costa, essendosi allontanata per l'interramento della laguna, causato dai detriti del fiume Piave, l'aveva fatta decadere da città a emporio e porto strategico dei paleoveneti verso il Mediterraneo. Come non bastasse, ci pensò Attila, mettendola a ferro e fuoco nel 452 d.C.
    "I veneziani - prosegue Tirelli - utilizzarono l'utilizzabile di Altino, vuoi come materiali di costruzione, pietre d'angolo, pietre di fondazione, vuoi per abbellire le facciate dei palazzi. L'esempio più straordinario è la basilica di San Donato a Murano, che ha il portale affiancato, anziché da pilastri, da un grande altare altinate sezionato in due parte. Altino era una tipica città imperiale, costruita sull'asse della via Appia, con un circuito di canali navigabili e attraversata da ponti, con una banchina portuale attrezzata allo scarico e carico nei magazzini merci. Gli edifici pubblici erano grandiosi, con Foro, basilica, teatri e un anfiteatro fuori porta simile a quello tuttora esistente a Verona: all'apice della grandezza. La città contava circa quarantamila abitanti, di conseguenza la necropoli aveva importanti dimensioni, motivo per cui successivamente divenne fonte strategica per il reperimento di materiali lapidei per le popolazioni della laguna. Molti di questi reperti sono evidentemente ancora visibili nella Venezia del Rinascimento". Molte pietre di altinate rafforzano ancora le fondamenta di case e palazzi veneziani, come l'aretta ossuario dei Mestrii, inserita nella facciata d'acqua di Cà Soranzo dell'Angelo, in rio della Canonica a San Marco; o la base della statua di Marcus Petronius, che appare alla base angolare di Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa, scoperta perché il rio circostante l'edificio venne prosciugato per permettere il restauro delle fondazioni sotto il livello dell'acqua.
   

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